VIDEO FOTO / Teramo ricorda i martiri di Sella Ciarelli. DAlberto: “Liberazione riscoperta dei diritti”

Il 25 aprile a Teramo: dai monumenti ai caduti di Porta Madonna, ai Tigli e alla Villa Comunale passando da piazza Orsini per celebrare i carabinieri e l’alpino trucidati per ritorsione dopo Bosco Martese

TERAMO – Arricchito dallo svelamento di quattro pietre d’inciampo sotto al palazzo comunale di piazza Orsini – ma sostanzialmente ‘sobrio’ come voluto dal Governo nel rispetto del lutto nazionale per la morte del Pontefice -, il cerimoniale per la festa di Liberazione 2025, che coincide con gli 80 anni dalla fine della seconda guerra, ha toccato quattro luoghi simbolo della città di Teramo: piazza Caduti della Libertà a Porta Reale, piazza Orsini alla lapide dei caduti della Grande Guerra e il monumento ai caduti ai Tigli di viale Mazzini, alla Villa Comunale per l’omaggio ai caduti della Resistenza.

A piazza Orsini, il sindaco Gianguido D’Alberto, il presidente della provincia Camillo D’Angelo, il vice prefetto Claudio Ranieri e il comandante provinciale dei carabinieri colonnello Pasquale Saccone, hanno svelato quattro pietre d’inciampo dedicate alla memoria dei martiri di Sella Ciarelli, i carabinieri Settimio Annecchini, Leonida Barducci e Angelo Cianciosi e l’alpino Donato Renzi, trucidati dai nazisti come rappresaglia per la sconfitta subita a Bosco Martese.

Ecco il discorso istituzionale del sindaco D’Alberto, in occasione della deposizione della corona d’alloro al Monumento ai Caduti ai Tigli.

Oggi celebriamo l’80° anniversario della Liberazione. Una giornata simbolo che il 25 aprile del 1945, con l’insurrezione di Milano, segnò la definitiva sconfitta nel nostro Paese del nazifascismo, aprendo la strada a quel percorso democratico che ha trovato compimento nella nostra Repubblica e nella nostra Costituzione e disegnando quell’Italia dei diritti che conosciamo oggi. Quell’Italia antifascista che ha come faro, sempre e ovunque, la lotta contro la sopraffazione, contro la privazione delle libertà personali, la liberazione dal condizionamento del consenso. Quell’Italia che crede nell’affermazione, piena e uguale per tutti, dei diritti, della giustizia sociale, della solidarietà verso gli ultimi e i più deboli.

Quell’Italia nata dalla lotta di Liberazione, che è stata ed è anche liberazione dall’indifferenza e dall’oblio, la cui celebrazione, oggi, a distanza di 80 anni da quel 25 aprile del 1945, non vuole e non può essere momento di mero ricordo ma deve portarci, in un contesto geopolitico caratterizzato da rigurgiti nazionalisti, da conflitti armati in diverse zone del mondo e dalla guerra che insanguina l’Europa e la Terra Santa, a difendere e rilanciare, nel nostro quotidiano, quei valori che furono alla base della Resistenza e della successiva Liberazione.

Valori che si sono tradotti in quei diritti scolpiti nella nostra Costituzione che, come vediamo ormai ogni giorno, non sono mai acquisiti fino in fondo ma vanno difesi quotidianamente con i nostri comportamenti, essendo partigiani sempre. Perché, come ebbe a dire il Costituente Giuseppe Dossetti, ‘so benissimo che la storia non si ripete mai nelle medesime maniere, però si possono dare circostanze simili o similari che poi finiscono con l’avere esiti comparabili o perlomeno in qualche modo accostabili’.

Per evitarlo, dunque, dobbiamo innanzitutto ripartire da quello che furono la Resistenza e la Liberazione. Un processo che in Italia ebbe una sua complessità e unicità che, come rilevava Claudio Pavone, racchiuse in sé tre guerre insieme: quella di Liberazione dall’invasore tedesco, quella civile contro la dittatura fascista, quella di classe per l’emancipazione sociale.

E nonostante i tentativi, che arrivano ancora oggi da diverse parti, di ricondurre la Resistenza e la Liberazione a un qualcosa di parte, la Storia ci insegna che il percorso che portò a quel 25 aprile del 1945 fu in realtà un percorso trasversale, caratterizzato da un’unità senza precedenti che mise insieme comunisti, socialisti, democristiani, azionisti, liberali. Forze eterogenee non solo politicamente ma anche dal punto di vista sociale: dai militari ai civili, persone di ogni età, di diversa provenienza geografica, uniti da un solo identico fine: la Liberazione dell’Italia, nel nome della dignità dell’uomo contro la barbarie.

Basterebbe questo per evidenziare come la Liberazione sia stata e sia qualcosa di più della libertà, che può essere condizionata dalla necessità. Senza Liberazione – che oggi più che mai va declinata come liberazione dal bisogno, dagli ostacoli di ordine economico e sociale, da tutto ciò che produce ingiustizia, da barriere e confini geografici e mentali – non può esserci libertà.

Lo avevano ben presente i partigiani, così come i padri Costituenti. Gli stessi che, proprio nel solco della Liberazione, che fu innanzitutto Liberazione dalla guerra e avvio di un percorso di Pace e libertà, inserirono nella Costituzione quel “ripudio” della guerra che oggi deve rappresentare un baluardo contro il riarmo dei singoli stati. Perché il riarmo non è la strada della Pace. Al contrario, proprio la discussione in atto in questo tempo sulla corsa agli armamenti, ci dimostra come quel percorso di pace che nasceva dalla Liberazione non sia ancora definitivamente compiuto ma sia messo a rischio ovunque.

L’Europa, il bacino del Mediterraneo, intere zone del mondo, sono scosse dalla guerra. E anche in molte realtà dove non si vivono conflitti si registrano situazioni di mancato rispetto dei diritti umani. Perché la Pace non è solo assenza di guerra, ma la costruzione di un mondo più giusto.

E per questo, nell’80° anniversario della Liberazione, il nostro pensiero non può che essere rivolto a Papa Francesco e alle sue parole, che sono un richiamo per tutti, credenti e non, a lavorare per la liberazione di ogni uomo dal bisogno, dalla fame, dall’oppressione. Profeta di Pace, Papa Francesco ha più volte richiamato ognuno di noi a lavorare per la difesa e la tutela della dignità dell’uomo, ricordandoci come non può esistere la Pace senza la Giustizia. Ed è per questo che voglio oggi citare alcuni stralci del discorso pronunciato dal Santo Padre nel messaggio per la Giornata internazionale della Pace del 1° gennaio di quest’anno: ‘Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità…Mi riferisco, in particolare, alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità….Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo’.

Quel cambiamento rivoluzionario che era già scritto nella nostra Costituzione, geneticamente antifascista, e che faceva tesoro del percorso e dei valori della Resistenza e della successiva Liberazione.

Liberazione che fu, ed è ancora oggi, riscoperta e garanzia dei diritti.

Non è un caso che il processo di Liberazione fu caratterizzato dall’enorme contributo delle donne, impegnate sia nell’opposizione al regime nazifascista che nella conquista di nuovi spazi di libertà. Le donne, nella Resistenza, furono staffette, come la teramana Giuliana Valente; furono combattenti come l’emiliana Norma Barbolini, che prese il comando della prima divisione partigiana Ciro Menotti nel 1944 dopo il ferimento del fratello Giuseppe; furono coinvolte in ogni aspetto della guerra di Liberazione, dalla logistica fino all’assistenza, anche sanitaria. Eppure ancora oggi, in molti paesi, anche nelle nostre democrazie, a partire dall’Italia, il percorso di piena cittadinanza delle donne è una sfida ancora aperta e irrisolta.

La strada da compiere, per una piena realizzazione di quei diritti sanciti nella nostra Carta Costituzionale, è ancora lunga. Ed è per questo che oggi mi rivolgo soprattutto ai giovani, invitandoli a fare propri e a vivere nel loro quotidiano i valori che furono alla base della Resistenza e della Liberazione. Proprio i giovani, all’epoca, furono i protagonisti della lotta al nazifascismo. Quei giovani per i quali la scelta dalla parte giusta da cui stare non fu facile né scontata. Perché quei giovani, quelle ragazze e quei ragazzi che misero a rischio la propria vita, e in molti casi la sacrificarono, erano gli stessi giovani che erano cresciuti all’interno della cultura fascista e che abbracciarono la lotta di Resistenza, nella maggior parte dei casi, non perché spinti da convinzioni politiche ma perché stanchi dell’orrore della guerra, della negazione dei diritti, stanchi di vedere calpestata la dignità dell’uomo.

Quella dignità che ancora oggi viene oltraggiata e negata a Gaza, in Ucraina in tutti i teatri di guerra. E che deve farci riscoprire un altro grande portato della guerra di Liberazione: quel progetto di Pace che si chiama Europa. In questo senso la Liberazione, che ricordiamo ebbe una dimensione europea, può considerarsi a tutti gli effetti come l’atto fondativo dell’Europa.

Un percorso, quello di costruzione di una democrazia europea, rimasta ancora incompiuta e che deve ripartire proprio dai valori della Liberazione, seguendo la strada tracciata già da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel manifesto di Ventotene.

Manifesto che esprimeva l’esigenza di pace dei popoli, non come frutto di un trattato di pace, di un accordo post bellico tra governi, ma come condizione essenziale dell’essere umano. Un manifesto che rappresentava e rappresenta ancora oggi un patrimonio culturale e sociale inestimabile e non certo un documento su cui dividersi, oltre che un baluardo contro muri e confini, non solo geografici.

Oggi, nell’80° anniversario della Liberazione, è da quello spirito che dobbiamo ripartire, declinando la lotta partigiana nel non voltarsi mai dall’altra parte, nel combattere contro le ingiustizie, nel difendere la dignità umana in ogni luogo e in ogni tempo, nel tutelare e garantire sempre e ovunque i diritti fondamentali e universali dell’uomo: il diritto alla vita, il diritto alla Pace, il diritto alla casa, il diritto a un lavoro dignitoso e libero da ogni ricatto, il diritto alle pari opportunità, il diritto di ogni bambino di questo pianeta alla felicità. Perché la Liberazione, nel suo significato più profondo, è stata anche Liberazione di ogni bambino dalla barbarie, l’opportunità e il riconoscimento, per ogni bambino, ovunque nel mondo, del diritto a un futuro. Come disse il Presidente Pertini agli italiani nel messaggio di fine anno del 1979: ‘Se i popoli della terra, coralmente, potessero esprimersi, al di sopra di ogni differenza ideologica, politica, di ogni razza, al di sopra di ogni credo, e di ogni differenza di credo religioso, tutti i popoli della terra si pronuncerebbero per la pacecontro la guerra. Orbene, chi rappresenta questi popoli, chi detiene nelle loro mani i destini di questi popoli, deve raccogliere questa loro volontà e fare in modo che la pace veramente sia duratura‘.

E’ questo il testimone ultimo che devono lasciarci la Resistenza e la successiva Liberazione e che noi dobbiamo continuare a far vivere: il destino del singolo è legato a quello collettivo. E questo vale sia per l’individuo in quanto tale che per tutti i paesi di questo pianeta. E solo la Pace può essere la strada per ritrovare e preservare quella dignità dell’uomo che deve guidare il futuro dell’Italia e del mondo.

Viva L’Italia antifascista, Viva la Resistenza, viva la Liberazione“.

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Source: Emmelle Notizie