di Ferdinando Sanfelice di Monteforte
Le attività per creare finalmente l’Europa della Difesa si stanno intensificando, a livello politico, anche a causa dei sempre maggiori impegni americani, in Asia e nelle stesse Americhe. Noi Europei dobbiamo imparare ad agire da soli più spesso, rispetto al passato. Ma su queste riunioni aleggia uno scomodo fantasma: le rivalità economiche tra i Paesi Membri dell’Unione, che rischiano di minare proprio quella solidarietà che è stata posta alla base del Trattato di Lisbona.
Non vi sono più, infatti, solo le instabilità e le conflittualità nel cosiddetto “Sud del mondo”, che peraltro si sono acuite, e sempre più diversificate. Se è vero che al di là del mare vi sono molti Stati e “potentati” che lottano tra loro, mettendo in pericolo la stabilita mondiale e, in molti casi, hanno verso di noi un atteggiamento sempre più ostile, va detto che anche all’interno del nostro continente vi sono attori che, con le loro iniziative in campo economico e cibernetico mettono quotidianamente in pericolo amicizie di lunga data e minano la solidità dell’UE.
Il motivo di questa triste situazione è che sempre più governi e potenze non statuali sono convinti che le risorse della terra non bastino più a garantire il proprio benessere. Si cerca quindi, da un lato, di sfruttare al massimo gli spazi marittimi e le ricchezze che si celano in acqua e nei fondali, per ottenere zone economiche esclusive le più estese possibile, e dall’altro si tenta, con la stessa pervicacia, di acquisire nuove fonti di ricchezza a spese di un altro, chiunque esso sia. Quindi, le dispute sugli spazi marittimi sono sempre più numerose, e foriere di complicazioni internazionali, e ad esse si aggiungono i colpi bassi per sottrarre altre fonti di ricchezza anche agli amici di lunga data.
Ma, mentre queste contese tra Paesi del Nord del mondo si svolgono, sempre più intense, non ci si può dimenticare che le vecchie inimicizie, specie quelle al di là del mare, permangono e diventano sempre più profonde: vi sono rivendicazioni che emergono dal passato, e sono fonte di inquietudine sempre maggiore. Il Sud del mondo è sempre più in preda a lotte violente: parafrasando un intellettuale francese, Jacques Attali, si può dire che il revanscismo sta diventando, ancora una volta, la molla che può far saltare gli equilibri mondiali.
Queste spinte non possono più essere contenute o delimitate solo mediante il “Peacekeeping” benevolo, che tanto bene ha fatto finora, anche se non tutti lo hanno applicato in modo efficace. Già ora, per proteggere la cosiddetta “diga di Saddam” in Iraq, i nostri militari si sono dovuti armare pesantemente. Nel futuro ogni operazione che verrà condotta vedrà i nostri militari correre rischi elevati, e quindi essi non avranno solo bisogno di armamenti pesanti, ma anche avere alle proprie spalle forze credibili, in grado di sostenerli e proteggerli nella loro missione. La forza, in questo caso, ricopre un ruolo dissuasivo ma è sempre più necessaria. Oltre alle “api operaie”, quindi, ci vogliono capacità che rendano i potenziali avversari cauti nei nostri confronti.
A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: se, finora in ambito NATO abbiamo agito spesso quale ausilio del nostro alleato maggiore, gli Stati Uniti, senza che in generale i nostri interessi permanenti siano stati violati (anche se, a dire il vero, qualcuno lo è stato), possiamo essere altrettanto sicuri che nelle missioni europee potremo continuare ad operare in posizione subalterna, direi supplementare, e che i nostri partner maggiori rispetteranno le nostre esigenze con altrettanta cura, rispetto a quanto mostrato dagli Stati Uniti?
La prudenza dimostrata dal nostro governo in occasione delle missioni multinazionali degli ultimi anni conferma i dubbi sulla convenienza di fidarsi in toto dei nostri partner europei. Manca però l’adeguamento del nostro strumento militare a questa situazione. Per quanto riguarda l’Europa della Difesa, per impostare il rapporto con gli altri Stati Membri su base di pariteticità bisogna, incrementare le componenti di forze di alta qualità, rispetto ad oggi, in modo da poterci presentare nelle operazioni fornendo forze di pari importanza e avendo quindi uguale voce in capitolo. Non bisogna infatti dimenticare quanto scrisse un vecchio saggio, A. H. Jomini: “quando si interviene con un contingente mediocre, non si è altro che un accessorio,e le operazioni sono dirette dalla potenza principale”.