Cristiana Era
E’ ormai chiaro anche al di fuori della cerchia degli analisti e degli esperti di relazioni internazionali che i flussi migratori sono in primo luogo una questione che riguarda la sicurezza (nazionale, regionale e internazionale) e che proprio in relazione a questa devono “o dovrebbero“ essere gestiti. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi in proposito, basta guardare a quanto è successo a Rocca di Papa a fine agosto in occasione dell’arrivo di un centinaio di migranti illegali sbarcati dalla nave Diciotti. Episodi limitati, occasionali o di troppo scarso rilievo per gridare al pericolo? Non proprio. Le manifestazioni contrapposte pro e contro l’arrivo degli extracomunitari sono indice di una progressiva radicalizzazione della nostra società. Radicalizzazione non solo sottovalutata, ma addirittura ampiamente strumentalizzata in modo irresponsabile dalle forze politiche e anche dai molti media italiani non indipendenti che ancora utilizzano la dicotomia anacronistica di fascismo-antifascismo per giustificare e legittimare determinate scelte, dettate appunto da interessi di parte mascherati da buoni propositi. Tuttavia, come recitava il vecchio adagio, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Cosa c’entrano fascismo e antifascismo? In Italia si continua a ridurre a questo qualunque questione, mentre invece si calpestano gli interessi del Paese. Perché se è vero che l’esistenza di una emergenza umanitaria legata ai grandi flussi migratori è innegabile, è altrettanto vero che l’impatto dei grandi numeri non può che essere destabilizzante per qualunque nazione. Gli Stati Uniti, pur con tutti i loro problemi e difetti, sono un Paese di immigrati. Ma nel corso del tempo hanno regolamentato “e rigidamente“ l’entrata degli stranieri. Ne hanno accolti molti, prediligendo i cervelli in fuga che hanno arricchito il Paese, ma ne hanno respinti altrettanti. E chi non ha rispettato le leggi è stato espulso. In Europa non arrivano cervelli o capitale umano specializzato: nella stragrande maggioranza (con l’eccezione di chi fugge da una guerra) i clandestini sono persone non qualificate e tra loro c’é chi arriva come criminale o peggio come terrorista. Chi nega questa realtà e non guarda ai fatti è colpevole o di ignoranza o di mentire per interesse. Che l’accoglienza senza se e senza ma debba essere rivolta a chiunque attraversi i confini di uno Stato illegalmente può essere predicata solo dal Papa. Che non potrebbe fare diversamente, visto che questo è il suo mestiere. Non che l’aspetto umano non sia rilevante, però le istituzioni nazionali devono in primo luogo tutelare gli interessi e la sicurezza dei propri cittadini, poiché esse nascono con questo scopo, come insegnava Hobbes. Pena il ritorno allo stato di homo homini lupus.
Le contrapposizioni sono destinate ad acuirsi per intensità e per numero, sia per la manifesta incapacità di fermare i movimenti migratori, sia per il già citato dissennato sfruttamento a fini politici di talune fazioni, collegate direttamente od indirettamente a gruppi ed entità che, come è emerso in più occasioni, di questo fenomeno ne stanno facendo un business mascherato da intervento umanitario. E i profitti sono pari, se non addirittura superiori, a quello del traffico di droga. Intanto, il Paese è destinato a spaccarsi internamente sempre di più. La “cultura dell’odio”, come la definiscono alcuni, nasce da qui, dall’imposizione di stranieri non controllati e non controllabili che alimentano l’illegalità, non da un razzismo che in Italia non è mai esistito. E’ chiaro che in tutto questo chi paga sono i più deboli e quasi sempre coloro che le leggi le rispettano.
Infatti, un aspetto che nessuno mai mette in risalto, è il fatto che dare l’accoglienza a tutti perché ormai sbarcati sulle coste rappresenta anche una discriminazione nei confronti di tutti quegli stranieri che in un Paese ci sono entrati regolarmente, seguendo tutte le lunghe e difficili procedure burocratiche che dovrebbero fermare al confine tutti quelli che i requisiti richiesti non ce l’hanno. Le statistiche ci dicono anche che la maggior parte dei clandestini sono migranti economici e quindi non sono “rifugiati”, termine che ormai si estende superficialmente a chiunque sbarchi sulle coste. Le regole esistono per un motivo. Quello di mantenere la sicurezza e la stabilità di una comunità, che proprio grazie ad esse può prosperare.