di Pier Vittorio Romano
L'”Internet delle cose” è “la ricetta” di Jeremy Rifkin, economista americano, un trend setter, che vuole dare vita a quella che lui definisce come la terza rivoluzione industriale, dove l’attuale consumatore diventerà un piccolo produttore, un prosumer, in un nuovo mondo basato sulla sharing economy – l’economia della condivisione – che avrà nelle sue vene sangue digitale e come ricettori una rete internet pervasiva: l’internet delle cose, appunto.
Oltre alla digitalizzazione delle comunicazioni già presente nella nostra epoca, la terza rivoluzione industriale avrà come capisaldi anche la digitalizzazione dell’energia e la digitalizzazione della mobilità e della logistica. Servirà, pertanto, una “tripla internet” al fine di gestire tale piattaforma. Già oggi sono attivi attorno a noi 14 miliardi di sensori che entro il 2030 diventeranno 100 trilioni a servizio di un network globale e distribuito. Questo consentirà di avere bassi costi marginali, maggiore produttività e basso impatto ambientale. Grazie a questo sarà possibile aumentare l’efficienza energetica aggregata, dall’attuale 13% al 40% nei prossimi 25 anni.
Attualmente siamo in presenza di un calo della produttività e dell’occupazione e questa crisi industriale, unita alla crisi ambientale causata da due rivoluzioni industriali basate su combustibili fossili, richiede una risposta diversa. La seconda rivoluzione industriale si è basata sull’automobile ma oggi le nuove generazioni vogliono il car sharing, connettendosi alla rete per chiedere un’auto, usarla e pagare. Usare un servizio se e quando serve, non possedere per il gusto di possedere. Per ogni auto condivisa ne vengono eliminate 15: in questo modo sarà possibile eliminare l’80% dei veicoli con ovvi vantaggi ambientali. Oggi ci sono in circolazione 2 miliardi di auto; ne bastano 200 milioni, condivise ed elettriche. Auto realizzate prevalentemente con stampanti 3D alimentate da energia rinnovabile.
Servirà un lungo periodo di transizione, almeno 20 anni, e durante questo periodo molte industrie scompariranno mentre altre nasceranno. E poi, sempre secondo Rifkin, serve all'”Internet dei trasporti”: dovranno essere installati sui camion dei sensori affinché possano essere monitorati in tempo reale ed avere informazioni utili per la percorrenza della tratta fino ad arrivare, in futuro, ad essere guidati da remoto. Riguardo l’energia, molti hanno compreso che il costo dell’energia rinnovabile sta gradualmente diminuendo e si va verso l’autoproduzione e la condivisione del surplus. Le aziende dell’industria energetica fossile e nucleare non possono competere. L’Arabia Saudita, il maggior produttore di idrocarburi al mondo, ha recentemente dichiarato di voler puntare sull’energia rinnovabile.
In questo diverso modello economico occorrerà quindi orientare gli investimenti sui nuovi modelli e la fase transitoria sarà lunga e richiederà da parte dei governi la capacità di far convivere i due sistemi, incoraggiando a crescere quello del futuro ma senza “strozzare” quello del passato. La società a “costo marginale zero” che si sta affermando sulla scena mondiale, sostiene ancora Jeremy Rifkin, fa emergere l’Internet delle cose dando vita al “Commons collaborativo”, il primo nuovo paradigma economico a prendere piede dall’avvento del capitalismo e del socialismo nel XIX secolo. Il Commons collaborativo sta trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, schiudendo la possibilità a una drastica riduzione delle disparità di reddito, democratizzando l’economia globale e dando vita a una società ecologicamente più sostenibile. Per raggiungere questo risultato occorrerà creare un’infrastruttura intelligente, formata dal virtuoso intreccio di Internet delle comunicazioni, Internet dell’energia ed Internet della logistica, che avrà l’effetto di spingere la produttività fino al punto in cui il costo marginale di numerosi beni e servizi, ovvero il costo di produzione di un’unità aggiuntiva di un bene o di un servizio, dopo che sono stati ammortizzati i costi fissi di impianto, sarà quasi azzerato, rendendo gli uni e gli altri praticamente gratuiti, abbondanti e non più soggetti alle forze del mercato.
La digitalizzazione della comunicazione, dell’energia e dei trasporti comporta anche rischi e sfide. Non da ultimo quelle relative alla neutralità della rete, alla prevenzione della creazione di nuovi monopoli privati, alla protezione della privacy personale, garantendo la sicurezza dei dati, e il contrasto della criminalità informatica del cyber-terrorismo. La Commissione Europea ha già iniziato ad affrontare questi problemi stabilendo il principio generale che la privacy, la protezione dei dati e la sicurezza delle informazioni sono requisiti gratuiti per i servizi dell’Internet delle cose ed i nuovi imprenditori del settore potranno utilizzare i Big Data ed i sistemi di analisi avanzati per lo sviluppo di algoritmi finalizzarti ad accelerare l’efficienza, aumentare la produttività e ridurre drasticamente il costo marginale di produzione e distribuzione di beni e servizi, rendendo le imprese europee più competitive in un emergente mercato globale post-carbon.
Già da tempo sono sorte nuove imprese commerciali a costo marginale prossimo allo zero tra cui Google, Facebook, Twitter, YouTube, e migliaia di altre aziende di Internet, che riescono a fare profitti creando nuove applicazioni e realizzando le reti che permettono alla sharing economy di prosperare. Gli economisti hanno riconosciuto che il costo marginale quasi prossimo allo zero ha avuto un forte impatto sull’industria dell’informazione ma, fino a poco tempo fa, hanno sostenuto che l’aumento di produttività dell’economia digitale sarebbe rimasto confinato nel mondo del virtuale e non avrebbe mai potuto superare il muro invalicabile dell’economia reale, estendendosi ai settori dell’energia e della produzione di beni e servizi fisici. Questo muro invalicabile è stato ormai abbattuto. L’Internet delle cose è in continua evoluzione e permetterà ad aziende convenzionali, così come a milioni di prosumer, di generare e distribuire la propria energia da fonti rinnovabili, di usare in condivisione veicoli elettrici ed a idrogeno senza conducente finanche produrre una quantità crescente di prodotti fisici stampati in 3D a bassissimo costo marginale nell’economia di mercato, o a costo marginale quasi zero, proprio come già avviene nel settore dell’informazione.