di Cristiana Era
I cambiamenti degli scenari internazionali susseguitisi nel corso dell’ultimo ventennio con la conseguente comparsa di nuovi attori via via più incisivi sugli equilibri regionali hanno modificato il concetto stesso di sicurezza, che oggi assume una connotazione ampia e sfumata. Un approccio multidimensionale, necessario per affrontare nuove minacce in nuovi scenari (in primis quello virtuale), richiede però un ripensamento di organizzazione e strutture, soprattutto (anche se non esclusivamente) quelle militari. La necessità di garantire al meglio la proiettabilità in teatri internazionali – anche al di fuori dell’ambito dell’alleanza atlantica – così come di adeguarsi al processo tecnologico e di pianificare operazioni con una connotazione joint/combined ha visto già da un decennio l’Esercito italiano impegnato in un progressivo ammodernamento e una trasformazione net-centrica in funzione di queste esigenze.
Su queste premesse, il Centro di Simulazione e Validazione (Ce.Si.Va.) di Civitavecchia, dove un tempo aveva sede la prestigiosa Scuola di Guerra, sta portando avanti due iniziative, di cui una più recente ed ancora in fase di definizione ed una in via di realizzazione. Stiamo parlando del progetto di cooperazione europea su simulazione e validazione in ambito PeSCo (Permanent Structured Cooperation) e di Forza NEC.
Il progetto PeSCo prevede che il Ce.Si.Va. diventi un centro di certificazione per tutti i Paesi europei aderenti, ampliandone le competenze ad includere attività di tipo non solo militare ma anche civili “sempre però afferenti alla sicurezza“ quali quelle riguardanti i flussi migratori, piani di evacuazione, piani di emergenza per calamità naturali. In un contesto simile si creerebbe una interazione coordinata con quella parte della società civile impegnata nel settore dell’emergenza pubblica e “nella sua accezione più ampia“ della sicurezza della collettività: protezione civile, NGOs, ecc. Da questo progetto a guida italiana, dunque, potrebbe nascere un sistema integrato che nella complessità dell’era post-industriale è in effetti la miglior risposta per affrontare le minacce contemporanee e, se fosse adeguatamente supportato a livello politico e dai vertici militari, rappresenterebbe il primo passo concreto verso quell’esercito europeo che al momento rimane un’idea non ancora ben definita.
In fase più avanzata è invece il progetto denominato Forza NEC (Network Enabled Capability) che nasce diversi anni fa da una iniziativa dello Stato Maggiore della Difesa alla luce della necessità di un adeguamento delle Forze Armate al progresso tecnologico. E’ considerato il programma di punta dell’Esercito italiano e prende spunto dal Network Centric Warfare (NCW) già sviluppato dagli Stati Uniti, con la differenza che Forza NEC (di derivazione britannica) è un processo meno radicale: si punta ad un aggiornamento invece di una sostituzione completa dei sistemi.
Forza NEC coinvolge vari settori ma riguarda soprattutto la digitalizzazione dei sistemi di comando e controllo (C2). Attualmente il suo sviluppo procede a macchia di leopardo: si va dai posti di comando digitalizzati su shelter (con il primo posto di comando su tenda schierato lo scorso anno) già finanziati e in corso di realizzazione ad altri nodi in programma ma ancora da finanziare, quali “ad esempio” – il gruppo tattico informativo e il posto di comando di contraerea per l’unità di artiglieria. Uno dei nodi più interessanti riguarda “Soldato Futuro”, con lo sviluppo di sensori per la parte ottica, di arma e di vestiario oltre che di protezione balistica, un progetto ormai in fase di studio o di sperimentazione in molti eserciti, tra cui Stati Uniti, Corea del Sud, Russia, Cina, e Svizzera e che ha come obiettivo una interazione sempre più stretta tra uomo e macchina con capacità di acquisizione e analisi di dati in tempo reale e di comunicazione diretta a tutti i livelli.
L’implementazione di Forza NEC passa attraverso la sperimentazione nei laboratori ITB (Integration Test Bed), in tutto sette a livello nazionale per le varie Forze Armate, e di cui il principale si trova al Ce.Si.Va. Un punto debole, tuttavia è che sono unità a sé stanti e non interconnesse, quindi non coordinate, ma che hanno lo scopo di valutare la funzionalità dei processi di digitalizzazione, dai simulatori per l’interazione con ambiente simulato e la capacità di invio dati alla sperimentazione dell’interfaccia uomo/macchina, a soldato futuro e ad attacchi cyber e jamming.
Su quest’ultimo punto occorrerebbe forse fare una riflessione più approfondita. A parte la sperimentazione occasionale relativa ad attacchi cyber, la progressiva digitalizzazione della struttura militare non tiene conto dei pericoli che le nuove tecnologie presentano proprio grazie all’interconnessione. In particolare manca ancora una visione di insieme, e quindi delle eventuali misure di protezione/sicurezza, sui rischi che potrebbero derivare dalla manipolazione della comunicazione su sistemi quali quelli di Soldato Futuro, con eventuali ripercussioni sulle capacità operative dei singoli soldati sul terreno. Su questo, come su altri aspetti, non è previsto ad oggi nessun tipo di test. E’ pur vero che i tempi si stanno allungando: dallo studio di fattibilità del 2007 che stimava in 22 miliardi di euro il costo di Forza NEC si doveva passare alla fase di implementazione nel 2009/2010, ma a causa di alcuni ostacoli (alcuni di natura finanziaria) si è deciso di inserire una fase intermedia in cui si trova attualmente e che dovrebbe andare avanti fino al 2021 per poi passare all’implementazione con una data prevista di conclusione al 2031.