di Sly
La NPO Almaz, società pubblica per azioni della Federazione Russa e produttrice dei sistemi d’arma nazionali, ha da pochi giorni concluso la fornitura dei componenti degli S-400 “TRIUMF” alla Turchia. Si tratta di un sistema d’arma antiaereo di quarta generazione, in grado di intercettare e colpire fino a 36 obiettivi simultaneamente (aerei da guerra/missili balistici) in un raggio che va dai 30 ai 400 km. La Turchia non è l’unico acquirente del nuovo sistema: ha infatti seguito le orme di Cina e Arabia Saudita, che se ne sono dotati rispettivamente dal 2014 e dal 2017. La Turchia è però l’unica, a differenza degli altri, ad essere un membro dell’Alleanza Atlantica.
Le conseguenze sono piuttosto prevedibili: malcontento del partner per eccellenza, ovvero gli Stati Uniti, che ha prospettato la violazione dei cosiddetti pilastri della più recente NATO policy quali, tanto per citarne due, sicurezza e interoperabilità. Il nuovo sistema d’arma infatti non “dialoga” con i sistemi omologhi non risultando pertanto “inter-operabile” e compatibile, per di più, essendo di produzione russa potrebbe “secondo gli USA“ fornire informazioni sulle nuove dotazioni d’arma dell’Alleanza e in particolare attraverso i radar installati al loro interno che potrebbero intercettare e seguire i caccia americani F-35. Pericolo comunque scongiurato dato che, a seguito della scelta (“gli S-400, o gli F-35â”) che il Governo di Erdogan si è trovato a fare, gli Stati Uniti hanno perfino sospeso i corsi di formazione dei piloti turchi in USA.
Il caccia, alla progettazione del quale la Turchia aveva partecipato, sarebbe dovuto diventare il modello base per l’aeronautica repubblicana, tant’è che ne erano già stati ordinati 100 esemplari. Pare, invece, che a questo punto le intenzioni di Ankara siano ben altre e che l’attenzione per i mezzi della terza dimensione si stia spostando verso i Sukhoi-57 di produzione Russa.
Gli americani avevano comunque tentato di negoziare offrendo alla Turchia alcune batterie del sistema terra-aria PATRIOT al prezzo di mercato che ben poco differiva da quello degli S-400; peccato che mentre il secondo è di recente produzione, i PATRIOT sono un sistema datato e l’offerta non ha incontrato l’entusiasmo turco. Tutt’altro.
Analizzando la situazione e guardando le ultime mosse di Erdogan sullo scacchiere geopolitico, appare evidente l’allontanamento della Turchia non solo dall’Unione Europea, da cui de facto è stata rifiutata (e che a sua volta non ritiene più funzionale né alla sua politica estera né, tantomeno alla sua economia), ma soprattutto dall’occidente e in particolare dalla sua massima espressione, l’Alleanza Atlantica per andare incontro, sia per continuità geografica che per quella religiosa e culturale, al Caucaso, all’Iran e, soprattutto ai Paesi dell’Asia centrale e il Vicino Oriente. Proprio in Caucaso, forse più che nell’Asia centrale turcofona, il peso linguistico, culturale e politico della Turchia potrebbe servire per rafforzare i legami tra le repubbliche turcofone e non – ma tutte musulmane – della Federazione Russa nel nord del Caucaso con la Turchia. Parimenti, nel Caucaso meridionale potrebbe diventare un ulteriore varco per la NATO tra Russia e Turchia, insieme alla Georgia.
Si tratterebbe sotto molti aspetti di un ritorno alla normalità interrotta ai tempi della guerra fredda, dall’improvvisa sterzata verso l’occidente per la quale per molti anni la Turchia ha ospitato le armi nucleari USA nonché le sue basi aeree. In caso di conflitto con l’Unione Sovietica la Turchia avrebbe dovuto collegare le forze del blocco occidentale in Bulgaria e Armenia. In cambio gli USA hanno sempre appoggiato le politiche “più o meno repressive“ turche dietro la giustificazione del “pericolo comunista”. Tale atteggiamento però con il passare degli anni ha portato alla nascita di un forte sentimento anti-americano, fortemente radicato non solo tra le file della sinistra ma trans-partitico.