di Cristiana Era
I temi che riguardano le applicazioni dell’intelligenza artificiale si stanno moltiplicando sia nella letteratura accademica che nell’informazione in generale. Il concetto di intelligenza artificiale (l’acronimo è IA) non è recente ma nasce negli anni ’50, e il matematico britannico Alan Turing è generalmente riconosciuto come il padre dell’informatica e dell’IA. Negli anni a seguire il suo sviluppo ha subito varie battute di arresto e l’idea di una macchina in grado di apprendere (il machine learning è anch’esso un concetto del passato) venne abbandonata. Ma la rivoluzione tecnologica recente ha riaperto la strada all’intelligenza artificiale, grazie soprattutto al calcolo quantistico, che dà ad un computer capacità di elaborazione impensabili fino ad un decennio fa, e alla disponibilità di enormi quantità di dati (i big data)che possono essere elaborati proprio grazie al calcolo quantistico. Questo fa dell’IA il potenziale vettore della più grande trasformazione in grado di cambiare radicalmente non soltanto la struttura sociale, economica e politica, ma di sostituire l’interfaccia uomo-macchina – già presente in molti settori – all’interfaccia macchina-macchina (o M2M, dall’inglese machine-to-machine), non senza suscitare da parte di alcuni qualche perplessità .
I programmi di IA fanno già parte della nostra quotidianità anche se ancora con capacità limitate, basti pensare agli assistenti vocali o alle reti neurali che utilizzano i big data per le analisi sui comportamenti degli utenti, o anche la guida senza pilota. Come è¨ noto, tali programmi si basano su algoritmi più o meno complessi, ma si tratta ancora di una IA definita “debole” perché limitata ad ambiti specifici (cfr.: National Geographic, Intelligenza Artificiale. La strada verso al superintelligenza, in Le frontiere della Scienza, vol. 2, 2018). Tuttavia, la ricerca sull’intelligenza artificiale sta sperimentando una incredibile espansione in tutti i settori e l’obiettivo è quello di arrivare ad una IA in grado di competere con quella umana.
L’espandersi dell’Internet delle cose (IoT, Internet of Things) apre nuove possibilità all’evoluzione nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale, poiché, se questa è attualmente limitata nell’ambito di applicazione, più programmi di IA interconnessi tra loro tramite l’IoT possono portare alla creazione di una rete nevralgica in grado di gestire in autonomia un intero sistema, come ad esempio quello urbanistico. E’ in quest’ultimo caso che si parla di smart city, la città intelligente a cui molte amministrazioni locali dei Paesi più sviluppati stanno puntando per una automatizzazione crescente dei servizi e delle attività municipali. L’implementazione e la combinazione di IA, algoritmi di autoapprendimento (ML, machine learning) e connettività diffusa sono in grado di raccogliere enormi quantità di dati all’interno della città , trasmetterli ad un server centrale ed elaborarli in modo da poter rendere più agevole la gestione del traffico urbano, ma anche di poter operare nel settore della raccolta differenziata dei rifiuti e in quello sanitario. Per il momento AI, ML e IoT hanno trovato un’applicazione prevalente nel settore della gestione del traffico, sempre più congestionato nelle grandi metropoli, ma le potenzialità di applicazione in futuro sono vastissime, soprattutto per la crescente necessità di ridurre i costi ed ottimizzare le risorse disponibili migliorando la qualità di vita dei cittadini, in termini di sicurezza, infrastrutture, ambiente e sostenibilità .
Occorre tuttavia puntualizzare che una smart city non è¨ una città dotata di tecnologia IoT o che “usa” semplicemente internet. La città intelligente del futuro è un network integrato, un “cervello” all’interno del quale interagiscono, comunicando tra loro, tecnologia, amministrazione, infrastrutture e cittadini. IA e ML consentono di monitorare i trend della vita quotidiana di una città , adattandosi poi alle necessità per renderle più efficienti ed efficaci. Ad esempio, si potranno individuare anche senza segnalazione diretta incidenti, incendi, disastri di varia natura permettendo tempi di intervento più rapido e in tempo reale disporre segnalazioni di viabilità per individuare percorsi alternativi al fine di evitare ingorghi nel traffico, agevolando la circolazione e con effetti positivi sui consumi e sulle emissioni di CO2. Allo stesso modo una smart city può offrire maggiore sicurezza grazie ai supporti tecnologici e alle informazioni immediatamente disponibili alle forze dell’ordine che agevolano il loro intervento sul territorio, tra cui l’individuazione di criminali o anche di chi commette reati minori e violazioni di varia natura. E ancora, si pensi alla cronica mancanza di parcheggi nelle grandi metropoli: i sistemi applicati di intelligenza artificiale possono intervenire sia nel senso di individuare e segnalare agli automobilisti i parcheggi disponibili in zona, sia nel senso di evidenziare alle amministrazioni dove vi è necessità di realizzarne di nuovi. Infine anche nell’illuminazione pubblica la IA può trovare applicazione in modo da razionalizzarne i consumi.
Per gli inevitabili risvolti economici, sempre più aziende si stanno interessando alle applicazioni di intelligenza artificiale e machine learning, spesso unite in collaborazioni per progetti di smart city: aziende come AT&T, Cisco, GE, IBM. Recentemente la GE ha sviluppato negli Stati Uniti un sistema di riconoscimento delle targhe automobilistiche (LPR – Licence Plate Recognition) che viene utilizzato già nella città di Galveston per la prenotazione e il pagamento del parcheggio tramite cellulare, ed è anche in grado di individuare eventuali vetture parcheggiate illegalmente.