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I Chaebol e la dittatura: i due motori del miracolo sul fiume Han

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di Cristiana Era
La Corea avrà il primo Presidente donna. Lo hanno decretato le urne dopo una lunga battaglia combattuta soprattutto sui temi economici tra la figlia dell’ex dittatore sudcoreano Park Chung-hee, Park Geun-hye, e il candidato progressista Moon Jae-in.
Park assumerà ufficialmente l’incarico di Presidente della Repubblica il 25 febbraio del prossimo anno. Questa vittoria collega il passato al presente della Corea del Sud e soprattutto offre lo spunto per un’analisi delle ragioni dello straordinario sviluppo economico del Paese a partire dagli anni ’60.
I protagonisti di 30 anni di crescita continua furono essenzialmente due: il generale Park Chung-hee, che con la sua dittatura ha imposto come priorità assoluta lo sviluppo del Paese, e i chaebol, agglomerati industriali su base familiare. Passata la dittatura come motore dell’intero processo, i chaebol hanno attraversato il secolo arrivando fino ad oggi.
La Corea del Sud degli anni ’60 usciva da un conflitto che ne aveva distrutto l’economia e con una società nel complesso molto frammentata. In quelle condizioni, l’esercito rappresentava una delle poche istituzioni stabili e coese del Paese. Il colpo di stato di Park Chung-hee fu, in effetti, una risposta alla crisi e al governo corrotto di Syngman Rhee. Il Generale Park si dette come obiettivo primario lo sviluppo economico del Paese e lo fece rivolgendosi alle grandi famiglie sudcoreane che al tempo, anche se più piccole rispetto ad oggi, avevano in mano l’industria nazionale. Con il metodo del bastone e della carota, ossia con il ricorso alle pressioni ma anche con un vasto programma di sussidi e di prestiti a basso interesse, Park portò dalla sua parte i chaebol che, tutto sommato, trassero grandi profitti da una politica protezionistica orientata alle esportazioni. I gruppi industriali si ampliarono nel corso degli anni ’70 e ’80, registrando percentuali di crescita incredibilmente alti che trainarono l’economia sudcoreana nel suo insieme, facendo parlare del “miracolo sul fiume Han” e diventando un modello di sviluppo.
Contrariamente ai loro lontani parenti, gli zaibatsu giapponesi, i chaebol non avevano all’interno della struttura manageriale il principio del consenso. Erano invece gerarchicamente preordinati (e in alcuni casi lo sono ancora) su base familiare, come nei principi del Confucianesimo dell’amore filiale e della soggezione alle decisioni del capofamiglia. La struttura verticistica prevedeva che il fondatore del chaebol – il capofamiglia – avesse completa autorità sui figli (maschi) che gestiscono le imprese associate. Questo sistema, perfettamente in linea con i costumi della società sudcoreana, ha permesso di mantenere un sistema decisionale rapido ed efficace anche quando le imprese si sono ingrandite diventando i colossi ben conosciuti di oggi, quali Samsung, Daewoo, Hyunday.
I grandi gruppi industriali hanno formato una solida alleanza con Park Chung-hee: la politica “export-oriented” del dittatore ne ha enormemente favorito la crescita, che a sua volta ha permesso al Paese di diventare moderno e tecnologicamente avanzato. In assenza di molte libertà tipiche dei sistemi democratici, la popolazione degli anni ’60 e ’70 ha però potuto godere di pieno impiego e di più alti standard di vita. Ed è proprio l’erosione di quel tenore di vita e il ricordo di una “dittatura paternalistica” che ha portato alla più alta carica istituzionale Park Geun-Hye. Sarà in grado la figlia di ripetere il miracolo economico del padre? In una società ancora fortemente patriarcale, il percorso sarà pieno di ostacoli. Si tratterà di vedere se la neo-eletta Presidente sarà in grado di formare una nuova alleanza con i chaebol e con altre forze economiche per guidare la Corea del Sud fuori dalla crisi e verso una nuova fase di modernizzazione.

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