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Europa: più convenienza che amore

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di Aroldo Barbieri
Ma conviene ancora far parte della UE? Tra gli italiani cominciano ad affiorare dubbi sull’utilità di un organismo: l’Unione Europea che, a dispetto del nome, di unitario ha davvero poco. A scatenare un certo sentimento di avversione all’Europa in un Paese che è stato sempre europeista, anche a livelli acritici, è stato il combinato del crollo (in parte procurato) della linea di contenimento dall’invasione di emigranti dal nord Africa e il successivo “chiamarsi fuori” dalle sue conseguenze dei principali stati dell’Unione. Semplificando al massimo, all’Italia, che prima del crollo si trovava già in prima linea, ma si era saputa costruire una posizione di sicurezza e di influenza, sono toccati i profughi, mentre Francia e Germania (i due Paesi che formano la pattuglia-guida dell’Unione) hanno risposto a dir poco in modo egoistico. L’Inghilterra poi, il convitato di pietra dell’Europa (più intenta a tenerla separata che altro), non ne ha avuto neppure bisogno: è un isola!
Il sociologo Alberoni recentemente ha paragonato la condizione dell’Europa di oggi al tardo impero romano. Punti di contatto: la prevalenza di una popolazione vecchia e quindi conservatrice, propensa più alla rendita che all’investimento, la pressione ai confini di massicci movimenti migratori (allora “invasioni barbariche” di popoli germanici, oggi soprattutto di popolazioni di religione musulmana), l’alto costo della spesa pubblica, allora per gli eserciti, oggi per il welfare state. Conseguenza: un pressione fiscale crescente, che riduce ulteriormente la quota di investimenti sul futuro. 
Sin qui le analogie tengono, ma le differenze sono forse ancora maggiori. L’impero romano era un organismo chiuso intorno al Mediterraneo, a nord c’erano i barbari, a sud il deserto, ad ovest l’Oceano, ad est due altre strutture “statali”: l’impero persiano e quello cinese. Ciascuno rispettava in linea di massima le rispettive zone di influenza. Da quando l’imperatore Adriano aveva rinunciato all’espansione territoriale, l’impero di Roma viveva relativamente tranquillo. Il suo declino fu lento, durò quasi quattro secoli e quando nel 410 d.C. i Goti saccheggiarono la città “eterna”, il mondo civile trattenne il fiato: con tutti i suoi difetti l’impero di Roma era  il meglio in Occidente. Anche l’Europa per gli abitanti dell’Africa è il meglio, pur con tutti i suoi difetti. 
Vediamo quali sono. Si può dire che l’Europa sia una mera espressione geografica, come fu detto dell’Italia nel primo Ottocento? No, perché dall’attuale Europa resta fuori la Russia (l’Europa geograficamente arriva agli Urali), che ha cultura europea, parla lingue slave, professa una religione cristiana. Allora l’idea di “Nazione” faceva riferimento ad un popolo (poi si passò a parlare di  razza), ad una lingua , ad una religione, ad una cultura. Ma quello era un concetto “romantico” di nazione. Nell’attuale UE ci sono numerosi popoli in linea principale attinenti a tre ceppi linguistici: neolatino, germanico e slavo (tutte lingue indoeuropee), con relative contaminazioni: la principale è la lingua inglese. Motivo unificante potrebbe essere la religione cristiana, ma sappiamo bene che cattolici, ortodossi, protestanti, sono abbastanza gelosi delle loro peculiarità dottrinarie e rituali e ancor più del loro potere “politico”. Eppoi la Francia (sempre protagonista anche a costo di disunire) pretende che la nascita dell’Europa coincida con la Rivoluzione francese e con il pensiero illuminista che ne sta alla base  e si è opposta al riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa (chissà cosa ne direbbe Carlo Magno). 
Che dire della cultura. E’ così unitaria come si è soliti presentarla? Esiste è chiaro una cultura europea, ma anche in questo caso come sottovalutare le differenze tra l’idealismo tedesco, il sensismo inglese, il razionalismo francese, la grande umanità degli italiani?
E’, alla fin fine, il modo di vivere “democratico” l’elemento che maggiormente unisce l’Europa (fatta di cittadini liberi che hanno diritto attraverso il voto a rappresentanze parlamentari e al rispetto di quelli che chiamiamo “diritti fondamentali della persona”) ma anche in questo entra prepotentemente in ballo la ex colonia d’oltremare dell’Inghilterra: gli Stati Uniti d’America, che volenti o nolenti condizionano gli orientamenti non solo economici, ma anche culturali (basti pensare alla resistenza di principio che ha incontrato l’estendersi negli USA della sanità pubblica ) di un mondo che in Europa è soprattutto umanista, al di là dell’oceano o anche solo al di là della Manica concretamente sensista ed “economico”. Questo tende a fare del cittadino (la vera conquista della rivoluzione francese) soprattutto un consumatore, confonde il benessere con la felicità,  finisce per valutare le persone sopratutto in base al successo e al reddito: sei ricco quindi vali!
Ma anche questa fase della evoluzione dell’umano sta entrando in crisi e con essa la democrazia liberale, come l’abbiamo conosciuta dal 19° secolo. Sono la rivoluzione informatica e la globalizzazione che facilitano una diversa geografia del potere e della ricchezza mondiali, come conseguenza dell’accesso alle materie prime e all’energia e all’impiego della forza lavoro. Ma la Cina, il celeste impero, l’America latina (che rende la Spagna e lo spagnolo molto più importante dell’Italia e dell’italiano), l’India, il paese dove è nato l’80% delle religioni mondiali, non sono come i “barbari” germanici che l’impero romano “assumeva” nel suo esercito, non solo la Dacia di allora e la Romania di oggi. Il paragone, che non vuole essere offensivo, non è casuale: la conquista della Dacia diede e Roma risorse materiali e umane che ne assicurarono la prosperità per quasi 60 anni. Quale sarà in definitiva il ruolo della Cina per noi occidentali? Lo sapremo forse fra un secolo. Per ora la Cina sta sostenendo l’Euro con l’acquisto dei titoli del debito pubblico dei Paesi in difficoltà: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna. Lo fa perché ha molte risorse da investire, per acquisire potere, ma anche per evitare che con il dollaro si apprezzi la sua moneta. Uno yuan troppo forte mettere in crisi l’export in un momento in cui già la bilancia commerciale va verso la parità. 
In definitiva teniamoci l’Europa con tutti i suoi difetti, magari cercando di migliorarla. Non più tanto per amore, come mostrarono i padri fondatori e anche i popoli fino a qualche lustro fa, ma anche solo per convenienza: disuniti saremmo comunque troppi piccoli, primi della classe compresi. Cosa ci ha messo in difficoltà? L’eccessiva rapidità dell’allargamento, conseguente alla caduta della “cortina di ferro”, la forte pressione competitiva della globalizzazione, le migrazioni da altri continenti, ma anche i difetti di cui i popoli europei non sembrano in grado di liberarsi (i tedeschi sempre pronti a fare la lezione agli altri, anche quando il loro modo di essere è difficilmente applicabile agli altri, come nel caso di un’economia in pareggio di bilancio e a bassissima inflazione) i francesi sempre in caccia di presidenze, gli inglesi (con un piede dentro e due fuori) innamorati ancora del loro impero, gli italiani amanti della loro irregolarità e sempre pronti a giustificare le loro eccezioni con il “genio” latino. 
Una cosa è chiara: il romano antico era fiero di dire: civis romanus sum. Questa frase esprimeva di per sé una superiorità, da tutti riconosciuta e ammirata. L’Europa è ancora il primo continente al mondo. Se solo lo sapesse!
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