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EUROPA, OLAF e comunicazione

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di Paolo Di Giannantonio
E’ – questo – un periodo in cui di certo l’idea di Nuova Europa  non gode di buona salute. La vicenda immigrati di Lampedusa, con le accuse dei partners europei all’Italia, e con le contro-accuse di Roma ai partners, e - addirittura - con le minacce di sciogliere il sodalizio di Bruxelles, la dice lunga sul vento lungo di crisi europeista che cominciò a spirare sin dalla bocciatura dei referendum in Olanda e Francia.
In questo quadro è importante dire che all’Europa ci si crede, che, nonostante tutto, quello che si perderebbe sarebbe molto di più di quello che si guadagnerebbe. Si deve però essere onesti ed ammettere che questa Unione voluta dall’alto, questo processo governato dalle burocrazie ha tenuto sopiti gli entusiasmi delle popolazioni, ha tenuto la gente lontana da un percorso che avrebbe dovuto essere partecipato sia con la testa, sia con il cuore.
Ecco perché, quando oggi vagheggiamo la creazione di una polizia europea, della quale l’Olaf potrebbe essere il nucleo iniziale, non possiamo non tener presenti quelli che sono i “difetti originari” del progetto, pur constatando che l’esperimento di creare una unione di popoli così diversi e allo stesso tempo così uniti, è unico, mai tentato prima, difficile.
Fino ad una settantina di anni fa le nazioni europee combattevano fieramente tra loro, producendo guerre (due delle quali mondiali), milioni di morti, odio, sete di vendetta. Ognuna di esse era divenuta tale (cioè nazione) avendo alla propria base quelle caratteristiche che tutti conosciamo: un territorio definito, confini precisi,  lingua e cultura comuni. Aggiungiamo noi: anche miti fondanti, eroi che si sono sacrificati, eroi moderni, guerre di liberazione, storie che parlano di divisioni divenute motivi di unità. Tanto per fare l’esempio dell’Italia: Enea, i sette re di Roma, l’impero romano, Cavour, Garibaldi,  la vittoria del Piave, Trieste,  Michelangelo, Leonardo, la Nazionale di calcio.
L’Europa di oggi nasce dalla pace, non ha eroi in comune, i miti dell’uno sono i nemici dell’altro, 
e le rappresentative di calcio sono avversarie irriducibili.  Insomma, ironia a parte, non c’è quel cemento che è dato dalla fierezza di una appartenenza in comune, non c’è partecipazione emotiva, non c’è condivisione. Nessuno, onestamente, date queste premesse, può ragionevolmente affermare di sentirsi, prima di tutto “cittadino europeo”.
Unità impossibile quindi? No, nonostante tutto sono passati settant’anni in cui le frontiere interne sono cadute, in cui milioni e milioni di persone si sono abituati a viaggiare da una parte all’altra senza visti e senza ostacoli, c’è una moneta comune, ci sono legami culturali, religiosi e spirituali che sul lungo periodo avranno – a nostro avviso – un sempre maggiore peso.
Per tornare alle istituzioni europee e quindi alla loro necessità di comunicarsi come parte di quel tessuto connettivo che vuol diventare sempre di più l’istituzione l’Unione, bisogna riempirle di contenuti. 
In particolare, l’Olaf deve costruire quasi del tutto la propria immagine pubblica, quella che arriva direttamente alla gente, oltre quella fascia ridotta composta da rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali e da addetti all’informazione. In questo senso la comunicazione è essenziale.
In primo luogo si suggerisce di lavorare molto nel senso di far comprendere che le frodi sono reati che colpiscono direttamente gli europei nelle tasche, nella salute, nei rapporti sociali. Ci sono mille televisioni ma nessun canale che parta dalla esigenza di ragionare in termini squisitamente “europei”, che quotidianamente lavori in modo da creare quello spettatore medio europeo con il quale dialogare. Il miracolo principale di Al Jazeera, di contro, è proprio quello di aver forgiato una “opinione pubblica araba”, che va dal Libano all’Arabia Saudita, dallo Yemen agli Emirati Arabi Uniti, dall’Egitto alla Mauritania. 
Quindi prodotti giornalistici, nei settori dei notiziari  e dell’approfondimento, ma non trascurando il settore della cinematografia e delle fiction. Sempre facendo un parallelo con il mondo arabo, il primo segmento di unità fu costituito già negli anni 70 dalle “telenovelas” egiziane che fecero commuovere anche tante famiglie marocchine, sudanesi, siriane. Oggi occorrono serie televisive e pellicole cinematografiche in cui dalla Grecia alla Danimarca si possa vedere che ci sono “eroi” sul campo, che agenti di polizia, funzionari, 007 ecc. ci sono e lottano 24 su 24 per quella strana entità che è criticata, considerata lontana e scostante, ma che in fondo è amata ed attesa e che si chiama…Europa. 
 
It is necessary to set up a strategy to hit the sensibility and the sentiments of the european public, not only spreading documents, but telling stories with protagonists who can attract the affection of the people. We need to share common heroes, for example policemen and functionaries, men and women, that struggle and fight because they believe in Europe. Men and women who speak different languages but that don’t have any preference in feeling themselves at the service of a french or an austrian or a spanish person.  
We need to meet a Europe which is not difficult to approach but friendly and close.
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