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Buone o cattive sono sempre notizie

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di Gino Falleri (Presidente Nazionale GUS-Giornalisti Uffici Stampa-Gruppo FNSI)
Nell’altro secolo Charles Prestwich Scott, autorevole direttore del Guardian, diceva che le notizie erano sacre, buone o cattive che fossero. Costituivano una costante. Così è anche nell’Unione europea, presa com’è a controllare gli sviluppi della guerra scatenata contro Gheddafi per motivi umanitari e a tamponare le crisi economiche di Grecia e Portogallo, che mettono in difficoltà l’euro. La sua stabilità. Nello stesso tempo segue pure quanto sta accadendo intorno al trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone, dopo i continui sbarchi a Lampedusa di profughi e migranti, con i costi connessi. Un trattato che la Danimarca ritiene debba essere riletto al fine di apportare quelle correzioni che l’esperienza fin qui acquisita potrebbe suggerire.
Tra quelle buone una ci riguarda direttamente. La designazione all’unanimità di Mario Draghi, attuale governatore della Banca d’Italia, a presidente della Banca centrale europea. Si insedierà a novembre, dopo il placet dei capi di governo. E’ un incarico quanto mai prestigioso che compensa le non poche delusioni fin qui sofferte. A Bruxelles, è bene ricordarlo, il nostro peso non è eccessivo. Grazie alle nostre ondivaghe posizioni, che è un vezzo ultracentenario.
Sempre dall’Unione ne viene un'altra, che non ha finora trovato il dovuto spazio e risalto nei quotidiani nazionali. Riguarda il freno che si cerca di mettere alle spese degli  europarlamentari. E guarda caso tra chi si è opposto ci sono anche i deputati del Pd,  Pdl, Udc e Lega. La notizia l’ha fornita il corrispondente de “Il Corriere della Sera” particolarmente attento e puntuale nell’illustrare quanto accade nelle istituzioni comunitarie. Si vuole far luce non solo sullo stipendio, ma anche sulle spese generali. Sui compensi che percepiscono i nostri rappresentanti nelle istituzioni repubblicane e internazionali illuminante è “La Casta”, il libro di cui sono coautori Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, entrambi in forza al giornale di via Solferino.
Quella cattiva riguarda invece l’arresto a New York di Strauss-Khan, presidente del Fondo monetario internazionale, accusato di stupro da una cameriera in servizio nell’esclusivo albergo Sofitel. Rischia qualcosa come 70 anni di carcere. Rapportati al tollerante sistema penale italiano sono una enormità, ma potrebbero costituire materia d’insegnamento per i nostri legislatori permeati di sentimenti ultra garantistici e di una umanità fuori del comune. Nel caso del presidente del Fmi era stato pure avanzato qualche dubbio, come se fosse stato vittima di un complotto per toglierlo dalla corsa all’Eliseo. Una ipotesi prospettata dai giornali d’oltralpe. L’ultimo numero di “Internazionale,” l’898, fornisce notizie diverse e più appropriate.
Tra quelle non buone ce ne è un’altra che riguarda l’attuale maggioranza di governo. Al primo turno nelle elezioni per la poltrona di primo cittadino di Milano ha preso una sonora sberla. Con le belle parole, con le enunciazioni, non seguite dai fatti, non si va lontano e non si va lontano anche per altri motivi che l’elettorato non ha dimenticato.
Il primo riguarda l’aumento delle imposte a favore degli enti locali, c’è pure il tributo ambientale per la provincia, che ha fatto salire l’imposizione fiscale personale ad altissimi livelli. Siamo al 42,45 per cento. Ha minato la credibilità politica del suo leader, che ha sempre sostenuto che la sua coalizione non avrebbe mai aumentato le tasse ed ha pure affermato che l’opposizione rappresenta il partito delle tasse, può anche essere visti i precedenti, della patrimoniale e della tassazione al 20 per cento delle rendite dei titoli di stato. L’ha sostenuto a parole. Invece le ha surrettiziamente aumentate e saranno ancora di più consistenti con il federalismo.
Senza soldi non crescono i consumi e l’economia non si muove. Stagna. A sfavore della coalizione di governo ha pure giocato il prezzo della benzina, che s’impenna  ogni qualvolta c’è un aumento del costo del barile sui mercati internazionali e non scende con la medesima velocità quando questo diminuisce. Non è sfuggito a nessuno che mantenendolo inalterato alla pompa l’erario incassa ed il governo non dà seguito alle sollecitazioni delle associazioni dei consumatori. E questo non è corretto. Quindi nel segreto della cabina elettorale pollice verso.
Se quanto è accaduto nel primo turno delle elezioni amministrative avrà conferma nei ballottaggi l’ipotesi di elezioni anticipate non sarà solo una ipotesi. Dinnanzi a noi si aprirà un periodo di incertezze non solo politiche, ma soprattutto economiche. Il pil nel primo trimestre di quest’anno è dato con un aumento dell’uno per cento e a marzo la disoccupazione era attestata all’8,3 per cento. Per l’attuale maggioranza, che avrà contro anche il Terzo Polo, più volte contestato, la partita non sarà per niente facile. Pure l’attuale legge elettorale potrebbe costituire un elemento da pollice verso. I rappresentanti si scelgono, non si impongono. La sovranità è del popolo che l’esercita nei limiti della Costituzione. Quindi, il popolo sceglie i suoi rappresentanti, non i partiti. 
Qualche annotazione sul mondo dell’informazione, se non altro perché  nei primi giorni di maggio è stata celebrata la giornata mondiale, che ha visto la Fnsi convocare i giornalisti dell’Africa mediterranea per un confronto. Nello stesso tempo qualcuno ha pure sollecitato l’apposita Commissione parlamentare affinché rediga un atto di indirizzo sul pluralismo. Poi da Bruxelles, restia ad incamminarsi sul terreno dell’informazione, dovrebbe arrivare una direttiva, o una raccomandazione, sull’informazione per omogeneizzarne alcuni punti ed aspetti. Anche per ricordare le parti salienti della Risoluzione dell’Assemblea del Consiglio d’Europa approvata il 1° luglio 1993. Si afferma, tra l’altro, che l’esercizio del giornalismo comporta diritti e doveri, libertà e responsabilità. Super partes. Non schierato.
Non è una professione facile e non mancano i rischi. Sono appunto le cronache quotidiane a riportare quanto sia rischioso il “mestiere” e che i pericoli sono ovunque  è stato sottolineato anche in occasione del convegno su “La professione di giornalista e la deontologia”, organizzato dal Gruppo Romano Giornalisti Uffici Stampa con la collaborazione dell’Unione Giornalisti Europei per il federalismo secondo Altiero Spinelli, di cui in questi giorni ricorrono venticinque anni dalla sua scomparsa, e l’Associazione nazionale giornalisti pubblicisti italiani.
Quest’ultima, per la cronaca, non condivide il deliberato della Commissione cultura della Camera, presieduta dall’on. Valentina Aprea del Pdl, sulla riforma della legge sull’Ordinamento della professione di giornalista, ritenuto penalizzante per i pubblicisti ed irrispettoso dell’articolo 3 della Costituzione. Auspica una equa rappresentanza. In caso contrario ci sono le separazioni.
E’ arduo comprendere il  motivo per il quale, in una professione dove è ultra difficile che qualcuno si chieda se un pezzo o un servizio radiotelevisivo sia stato redatto da un pubblicista o da un professionista, gli iscritti all’elenco pubblicisti debbono essere collocati in una posizione subordinata e corrispondere le stesse quote che poi gli altri amministrano. La risposta la dovrebbero fornire i nostri legislatori. Sempre se sia possibile. Se non altro perché i pubblicisti, oltre a costituire il tessuto connettivo dell’informazione, sono oltre 71mila e sul piano politico potrebbero pesare non poco. La cosiddetta informazione minore, quella che più delle altre penetra nelle case, è in mano loro.
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