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L’opinione pubblica è un venticello …

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di Gino Falleri
L’opinione pubblica è ondivaga. Basta poco per spostarla da una parte all’altra. Edward Louis Bernays, nipote di Sigmund Freud, era un maestro assieme a Walter Lippmann. Entrambi hanno fatto parte del “Creel Committee” istituito da Thomas Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti, per far sì che gli americani nel 1917 si schierassero a fianco dell’Intesa.
Anche se in maniera impercettibile qualche crepa incomincia ad intravedersi sulla fiducia al governo dei professori. La stanno scalfendo le pensioni, i rincari delle tariffe, lo spread che risale, l’instabilità della Borsa e la continua crescita del prezzo dei carburanti alla pompa, che a sua volta crea altri aumenti. Un litro di benzina è arrivato quasi a  2 euro per quella miriade di tasse che vi gravita. Il 70 per cento. Nel mese di marzo ci sono state in busta paga le trattenute per le addizionali comunali e regionali a cui ben presto si aggiungerà l’Imu. La pagheremo a giugno e sarà ben più pesante della vecchia Ici. 
Ha così preso l’avvio la stagione delle vacche magre e con essa le prime incrinature sulla fiducia, nonostante gl’immancabili incoraggiamenti ad andare avanti. C’è l’articolo 18 (libertà di licenziamento, aggiungo per sfoltire gli organici) e la riforma del lavoro che per il Pd costituiscono una via crucis e l’ipotesi prospettata dal governo è stata contestata senza mezzi termini dalla Cgil e dalla Fiom, che è il più antico sindacato italiano.
Niente comunque sul piano del rilancio, sulle iniziative per creare ricchezza. Se si pensa che con la riforma dell’articolo 18 si possa crescere siamo all’utopia di Tommaso Moro. Giuseppe Ugo Papi quando insegnava economia politica all’Università La Sapienza parlava del Keynes. La velocità di circolazione della moneta. Se non circola l’economia va a picco. Occhio alle condizioni del Portogallo, primo della classe nel fare il compito assegnatogli dalla Bce e da Bruxelles.
Se la strada del rigore va bene, lo dimostra l’immediata resistenza che i governatori hanno frapposto all’accenno governativo volto ad una riduzione dei seggi, nello stesso tempo c’è qualche cosa che non quadra, anche se non riguarda direttamente i professori. C’è chi si domanda quale sia lo spessore ed il peso del nostro paese a livello internazionale. Se lo chiede alla luce di un paio di episodi, che hanno sorpreso poiché hanno coinvolto fuori dei confini  tre nostri connazionali, e chiamano in causa l’azione di governo e la sua efficacia. 
Il primo riguarda la vicenda dei due marò del Reggimento San Marco imprigionati dalle autorità indiane di Kerala con l’accusa, tutta da provare, che hanno ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati. Il secondo si riferisce invece all’uccisione per reazione in Nigeria di Franco Lamolinara, un ingegnere in ostaggio da dieci mesi di un gruppo di rivoltosi nigeriani, per il blitz effettuato dalle forze speciali della Gran Bretagna. Blitz che mirava a liberare innanzitutto il cittadino britannico Chris McManus, anch’esso ostaggio ed assassinato.
 
I due episodi per come sono stati finora gestiti spingono a ritenere che l’Italia non abbia un grande peso all’interno della comunità internazionale. Non da ora, per la verità. L’attuale premier britannico, David Cameron, si è guardato bene di informare il nostro governo che un  reparto speciale delle forze armate di Sua Maestà britannica era in procinto di sferrare un attacco a sorpresa per liberare i due ostaggi. Poi di fronte alla presa di posizione della stampa e della politica ha sostenuto di averlo fatto. I dubbi comunque sono restati e Massimo D’Alema ha convocato il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), i vertici dei servizi segreti. La conclusione: il blitz inglese è stato irragionevole.
L’episodio più grave sul piano politico, quell’altro è oltremodo grave per la perdita di una vita umana che lo stato italiano aveva il dovere di salvare, è quello accaduto dalle parti dell’India ed in acque internazionali. Le autorità di polizia indiana hanno arrestato due marò, che erano a bordo della petroliera “Enrica Lexie”, e li hanno incarcerati con l’accusa già indicata. Sono in attesa di giudizio e la pena potrebbe anche essere la morte se riconosciuti colpevoli. 
Tutto sarebbe andato avanti alla chetichella se non fosse intervenuta la stampa. Sovente posta sotto processo dalla classe politica come se fosse responsabile del non grande credito che la politica riscuote. Si è fatta sentire e ha posto in crisi l’apparato governativo, che aveva sottovalutato quanto era accaduto nelle acque internazionali ed a poche miglia marine da quelle indiane. Ministero degli Affari Esteri e ministero per le Politiche comunitarie in prima battuta assenti.
Ha pure stigmatizzato la nuova amministrazione comunale meneghina guidata da Pisapia. Inizialmente è stata restia a far appendere un drappo con il quale richiamare l’attenzione della gente su quanto era accaduto e ad essere solidali. Di qui una serie di iniziative diplomatiche volte appunto a far rientrare in patria i due marò, la cui condotta sarà giudicata da un tribunale italiano, che con tutti i difetti che si possono attribuire alla nostra giustizia ha tre gradi di giudizio. Quello che finora ha sorpreso, e non poco, è il silenzio del ministro per le politiche comunitarie, che peraltro non sembra sia mai entrato nelle cronache quotidiane. E sempre su sollecitazione della stampa, il merito comunque deve essere attribuito a Monti, anche l’Unione europea si è messa in moto.
La stampa, che assolve un ruolo sociale, avrà senz’altro dei difetti, ma ha pure innegabili meriti. Informa innanzitutto. Da qualche settimana i quotidiani e settimanali stanno mettendo in luce che Tangentopoli non è terminata. Continua nelle più svariate forme ed appare quanto mai giusta la legge sulla corruzione, ma cum grano salis. Gli eccessi stonano, come per esempio ipotizzare la raccomandazione come reato. 
Quello che emerge dal magma sotterraneo degli intrecci preoccupa non poco. Fornisce l’immagine di un paese senza regole e quel che è ancora più grave senza controlli e con la convinzione dell’immunità. Le preoccupazioni riguardano pure la messa in cantiere di una legge sulle intercettazioni telefoniche cui avrebbero dato il loro assenso Pdl, Pd e Terzo Polo. Saranno introdotti dei limiti al diritto di cronaca? Le anticipazioni vorrebbero una riesumazione delle proposte Mastella ed Alfano.
I problemi che affliggono il mondo dell’informazione sono altri. Il Riformista è a rischio di chiusura come il Manifesto, i free lance sono in agitazione, i collaboratori di un grande quotidiano romano sono a loro volta in fibrillazione e le pubbliche amministrazioni stupiscono sempre di più quando mettono a concorso un posto da addetto stampa. Hanno una notevole fantasia e talvolta dimenticano che esiste la 150/2000. Non fa discriminazioni.
Sarebbe quanto mai utile riprendere il discorso sugli uffici stampa e i loro addetti. Chiedersi innanzitutto se assolvono la medesima attività di chi opera nei media tradizionali o sono invece solo una fonte qualificata. Se prevale la seconda tesi le pronunce della Cassazione su cosa debba intendersi per giornalismo portano ad una conclusione: non mediano e quindi fanno una informazione, o comunicazione, di servizio. Se fanno informazione di servizio per dare contenuti all’articolo 1 della legge 150/2000 gli uffici per le relazioni con il pubblico che ci stanno a fare?
Non meno importante è quello che potrebbe accadere di qui alla fatidica data del 13 agosto 2012. Se non interverranno fatti nuovi, i Professori comunque camminano per la loro strada, gli ordini professionali non saranno più giudici disciplinari. I collegi giudicanti non saranno come quelli prospettati dal Consiglio nazionale. Quando si amministra la giustizia chi ne è incaricato deve dimostrare neutralità, indipendenza e terzietà. I giornalisti dimostrano le tre accennate qualità? La risposta la dovrebbe fornire lo stesso Consiglio nazionale, come è suo esclusivo compito analizzare la costante lievitazione dell’albo. Se le regole,  quelle dettate nella sua qualità di soggetto pubblico di indirizzo, siano state scrupolosamente osservate. Nessuno è legibus solutus, tanto meno chi censura e stigmatizza i comportamenti altrui.
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