Europa - News and Society

European News Portal

  • Full Screen
  • Wide Screen
  • Narrow Screen
  • incrementa grandezza carattere
  • Default font size
  • Riduci grandezza carattere

Informazione, immigrazione e Unione Europea

E-mail Stampa PDF
 
di Gino Falleri (Presidente Nazionale GUS-Giornalisti Uffici Stampa-Gruppo FNSI)
Non sempre ci si sofferma, con la dovuta attenzione, sui problemi reali, quelli che richiedono interventi e soluzioni immediati, presi come siamo da altri eventi enfatizzati dal mondo dei media. Si potrebbe anche aggiungere che il gossip, la vita di Palazzo e i quotidiani scontri tra maggioranza e minoranza sia il sonnifero del momento, la foglia di loto di omerica memoria. E questo per non confrontarsi su progetti, sulla lenta crescita, sulle riforme da mettere in cantiere per il bene dei cittadini e sulla necessità di maggiori controlli. Secondo le teorie dei grandi manipolatori dell’opinione pubblica da Lee a Bernays, da Lippmann al ministro della Propaganda del Terzo Reich,  ci vuole sempre un qualcosa di nuovo, di singolare, di spettacolare per distogliere l’attenzione della maggioranza della gente su temi che è prudente mettere da parte.
Finora il mondo dei media, per dare seguito al diritto di informare ed al corrispondente di essere informati, ha cavalcato l’onda di Ruby, delle intercettazioni telefoniche legate al caso, delle serate festanti, delle costanti minacce ai giornalisti ed ora i documenti di Wikileaks attraverso i quali il nostro governo, votato dalla maggioranza degli italiani, è considerato in maniera oltremodo negativa. Soprattutto chi lo guida. Ha pubblicato le interviste rilasciate da anonimi agenti della Polizia di Stato che, dopo l’intervento della magistratura inquirente milanese, si sono sentiti liberati da una oppressione per l’invadenza del capo dell’esecutivo. 
Lo stesso interesse non è stato invece riservato ad altri argomenti. Sulla delinquenza minorile, sui bulli e sui possibili prelievi per ridurre l’immane buco di bilancio causato dall’imperizia dell’esecutivo centrale e periferico, senza distinzione di colore politico. Per quest’ultimo tema interessante l’articolo di Gianfranco Polillo pubblicato su “Liberal” (La guerra delle banche in crisi. Aspettando la patrimoniale). Non hanno trovato spazio gli approfondimenti sulle ripercussioni, a breve o lungo termine, su quanto è invece accaduto, e sta accadendo, in quella specie di polveriera che sono diventate Algeria, Tunisia ed Egitto ed ora Libia (con le maniere oltremodo forti del Colonnello per dissuadere i manifestanti), Bahrein e Yemen.
Per non accennare ai Fratelli Musulmani quale partito di governo e all’Iran, dove immediata è arrivata la repressione e domani, purtroppo, le inesorabili condanne. Nessuna notizia dei capi dell’opposizione. In un paese dove vige una ferrea censura, ed i giornalisti occidentali sono cortesemente invitati a stare in albergo, ben poco si potrà sapere. E questo nonostante gli appelli delle associazioni che tutelano i diritti umani. 
Non hanno avuto rilanci le recenti iniziative di “Ossigeno per l’informazione”, diretto da Alberto Spampinato, sulle minacce ai giornalisti, sia in Spagna che in Italia, e quanto ha voluto affermare l’assemblea del Consiglio d’Europa. I giornalisti sono sotto il mirino della delinquenza organizzata, delle imposizioni governative, si guardi cosa avviene in Turchia sulla libertà di stampa, ma sono anche i soggetti passivi della magistratura inquirente.
Le decisioni dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sono passate sotto silenzio. Se ne è interessato il Sito di Franco Abruzzo, sempre aggiornato. Ha “raccomandato” al Comitato dei Ministri di redigere linee guida per le forze dell’ordine e i magistrati sul diritto dei giornalisti a non divulgare le proprie fonti. Sempre l’assemblea ha ribadito che il diritto di non rivelare le fonti si applica anche alle fonti negli ambienti giudiziari. Se le informazioni pubblicate sono state rivelate illegalmente le autorità devono svolgere indagini interne.
Per restare in tema di giustizia, e della necessità di una sua riforma, non si può sottacere che siamo più volte andati sotto dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Non si risarciscono i cittadini per l’eccessiva durata dei processi. Per la non applicazione della legge Pinto sono ancora pendenti 3.900 ricorsi e lo Stato, ovvero noi contribuenti, ha speso più di 82 milioni di euro. 
C’è stata molta attenzione sugli eventi di casa nostra e fin qui tutto bene. Non  altrettanta su quanto stava per deflagrare nei paesi del Nord Africa. Sull’altra sponda del Mediterraneo la democrazia fino a qualche settimana addietro è stata soltanto una parola di origine greca, il potere accentrato nelle mani di pochi, le condizioni di vita molto diverse da noi europei e così dicasi per il tenore di vita. Oltremodo basso. La conseguenza più immediata è stata la ripresa degli sbarchi a Lampedusa di chi chiede asilo politico o fugge dalla fame. Di qui la necessità di provvedere a loro con tutti i problemi connessi.
Quello che lascia perplessi è che i fermenti di protesta e poi la ribellione abbiano colto di sorpresa le nostre autorità, nonché quelle europee, che dispongono di apparati che hanno il compito di monitorare quello che accade nel vicinato, anche per la tutela degli interessi economici. Soprattutto per questi e non sono di scarsa entità. Si pensi alla Libia per il petrolio e le sue partecipazioni. Comunque il problema dell’immigrazione, ovvero la fuga da alcuni paesi africani non nasce oggi. E’ endemica poiché le politiche finora messe in essere non hanno dato i risultati che si speravano.
Ci sono stati accordi internazionali, forme di cooperazione, aiuti economici e la promulgazione di leggi, che trovano una non facile applicazione sia a livello amministrativo che giudiziario. L’Unione Europea su taluni problemi attende. Mostra per converso una spiccata attitudine ai problemi del mercato, alle banche, alla stabilità dell’euro per via dei diktat della Cancelliera tedesca ed alla sua politica del rigore. Meno per il sociale e inoltre si appoggia a una soffocante burocrazia. Per la completezza è opportuno ricordare che subito dopo i primi sbarchi si è fatta sentire la Commissaria europea per la sicurezza e la rappresentante per la politica estera è volata a Tunisi.
Compito dell’autorità, Bruxelles compresa che guida l’intera Unione, non è quello di intervenire al momento dell’emergenza, tanto per tamponare. Deve essere capace di porre in essere rimedi urgenti e di attivare azioni politico-economiche che aiutino la società nordafricana, anche quei paesi del cosiddetto Continente nero che vivono nell’indigenza per la conduzione politica. Non solo soluzioni di riserva, ma tenere conto anche delle opinioni degli esperti.
Sul numero 729 del “Bulletin européen”, edito dalla Fondazione Dragan, Giuseppe Vedovato, presidente emerito del Consiglio d’Europa, ha pubblicato un interessante saggio dal titolo “Europa: Una nuova geografia dell’immigrazione”. E’ un accurato quadro della situazione e mette anche il dito su quanto noi italiani abbiamo fatto. Non sono mancati richiami ad alcuni interventi in materia della magistratura giudicante non da tutti condivisi. Sull’immigrazione è arrivato il momento di rivedere molte cose a cominciare dal multiculturalismo. I punti di riferimento sono Gran Bretagna, Germania e Francia, che incominciano ad avere idee diverse sull’ipotesi di una “integrazione multiculturale”. 
You are here