Europa - News and Society

European News Portal

  • Full Screen
  • Wide Screen
  • Narrow Screen
  • incrementa grandezza carattere
  • Default font size
  • Riduci grandezza carattere

La crisi fa bene a Monti, Obama lo sa

E-mail Stampa PDF

di Aroldo Barbieri    
La crisi che investe tutto l’Occidente, Stati Uniti compresi, e che ha fatto perdere oltre 21 milioni di posti di lavoro, portando i disoccupati OCSE ad oltre 100 milioni, ha molte facce e molte sfumature. Il posto d’onore riservato dal presidente Obama al nostro Mario Monti al G8 va ben oltre il peso dell’Italia e il voto sin troppo brillante che il FMI ha riservato all’azione del Governo italiano. E’ innegabile infatti che l’azione governativa sia in netto rallentamento e che appaia sempre meno facile passare dalla torchiatura fiscale, con quel che comporta in termini recessivi, al rilancio del Paese, non solo per le resistenze interne al cambiamento, ma perché quasi tutti i Paesi occidentali sono in difficoltà ed anche i BRIC rallentano il passo. Eppure anche Silvio Berlusconi e il PDL hanno dovuto confermare il sostegno a Monti (ottenendo verosimilmente qualcosa in cambio), non essendoci realisticamente possibilità diverse, stando il recente ridimensionamento elettorale, e in generale vista la difficoltà a modificare in meglio il funzionamento del Paese, a cominciare dal ridimensionamento dei costi della politica, che giustamente risultano indigestissimi al popolo in un momento in cui i consumi calano, la disoccupazione aumenta, l’insicurezza la fa da padrone, l’Euro è in gioco, la Grecia è sull’orlo dell’addio, la Spagna traballa, e in definitiva tutta la costruzione europea appare più di carta che di solida pietra, in primis per l’incapacità del Paese di maggior peso, la Germania, ad esercitare la leadership. L’America, che da sempre ha visto con avversione l’Euro, moneta che ha e più avrebbe potuto mettere in discussione l’egemonia del dollaro, si trova in una singolare posizione in quanto potenza egemone dell’Occidente. Non può che auspicare la tenuta dell’Euro, così come i maggiori partiti italiani quella di Monti: l’alternativa sarebbe in questo momento pericolosa per tutti, vincitori e vinti.
Un discorso a sé va fatto per la Germania: il Paese impolitico per eccellenza, che storicamente ha pagato in prima persona i disastri che la sua intransigenza “filosofico-moralistica” ha procurato dalla fine dell’800 in poi. Non a caso qualche spiraglio per l’Europa si è aperto con l’elezione di Hollande e il rafforzamento (ancora in embrione) del ruolo della Francia.    
Ma America non equivale in tutto ad Obama. Se gli Usa proteggono da sempre l’Italia, Paese chiave negli equilibri nel Mediterraneo, se un occhio di riguardo verso la penisola le è suggerito dall’instabilità della sponda nord dell’Africa, causata dalla poco decifrabile “primavera araba” (e moltissimo dalla destabilizzazione della Libia italiana voluta dalla stessa America che ha visto la Francia di Sarkozy in funzione di ascaro), se un altro dipende dalla presenza dei soldati italiani in Afganistan e in medio oriente, il presidente americano è spinto anche da motivi personali. Senza credere a chi ha scritto che Obama avrebbe fatto pressione sui tedeschi affinché l’Euro non crolli prima delle elezioni presidenziali americane, è indubbio che la rielezione di Obama dipende moltissimo dall’andamento economico e sociale americano. Un crollo dell’euro e quindi dell’Europa o anche più modestamente della sua sponda mediterranea non potrebbe che riflettersi negativamente sull’economia mondiale (anche su quella tedesca, ma come parlare ai filosofi che parlano solo per principi). Ora che l’indigesto Berlusconi, giudicato oltre oceano troppo amico di Putin e di Gheddafi, si è fatto da parte, Monti, ben conosciuto negli Stati Uniti, appare al presidente USA degno di ogni riguardo.
You are here