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L’Addetto stampa di Gino Falleri

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di Carlo Felice Corsetti
Una professione antica e moderna, molto discussa, ma sempre più centrale nel mondo dell’informazione, della comunicazione e delle relazioni  pubbliche. L’ultima opera di Gino Falleri tratta lucidamente l’argomento con una competenza e una ricchezza di informazioni uniche, dovute alla sua particolarissima esperienza di vita :  per moltissimi anni al vertice di uffici stampa di enti pubblici, poi incarichi prestigiosi nella Federazione Nazionale della Stampa Italiana e nell’Ordine dei Giornalisti. Ma a renderlo il più autorevoli conoscitore della  materia è sicuramente la carica di Presidente nazionale del Gruppo Giornalisti Uffici Stampa (GUS), che mantiene saldamente sin dal 1987.
Nel volume troviamo informazioni di ogni tipo sulla professione, particolarmente utili per chi opera nel mondo della comunicazione/informazione, ma anche molto interessanti per qualsiasi uomo di cultura.
Nel primo capitolo L’informazione, un bene fondamentale troviamo, tra l’altro, il diritto di informare ed essere informati quale elaborazione della dottrina e della giurisprudenza  ordinaria e costituzionale; il Diritto di cronaca e privacy , dove viene posto il grosso problema della tutela della sfera privata; il difficile cammino degli uffici stampa , il ruolo del Gus e della Fnsi : dalla tribuna congressuale di Villasimius (1996) il discorso sulla legittimazione legislativa dell’ufficio stampa quale soggetto paritario del giornalismo; poi le due proposte di legge Frattini e Di Bisceglie, di sponde opposte ma senza grandi differenze, che portano alla legge 150/2000 sulla “Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni”; il congresso di Montesilvano (2001) dove gli uomini del Gus possono affermare a ragione che l’obiettivo perseguito con passione da tanti, compreso l’autore Gino Falleri, è stato conseguito , ma tante speranze si chiudono dopo l’approvazione del Regolamento per l’individuazione dei titoli, che privilegia apertamente la professionalità degli interni.
Nel secondo capitolo Il secolo dei professionisti  viene attentamente analizzato il futuro della comunicazione… e dell’informazione , con le redazioni della nuova era ; il giornalismo che conosciamo dal 3 settembre 1833 con l’apparizione a New York del “Sun”, diretto da Benjamin Day, al prezzo di un penny, sta subendo profonde trasformazioni; l’avvenire sarebbe dei professional , dei lavoratori della conoscenza, uno dei punti di forza della “strategia di Lisbona” nell’UE, del lavoro intellettuale legato alla formazione permanente, dell’alta tecnologia sofisticata in continua evoluzione; e in questa cornice trovano posto gli addetti stampa, fonte primaria dell’informazione e professionisti con polivalenti qualificazioni culturali/professionali; viene ricordato  che l’addetto stampa è un professionista atipico rispetto al giornalista di redazione, quindi con necessità di specifica tutela che non può essere affidata in toto ad un sindacato generalista , che appare più propenso verso “i garantiti”:  per questo motivo negli anni Novanta il Gus, nato fuori dal sindacato unitario, aveva l’obiettivo del riconoscimento come associazione professionale e da un confronto con il Cnel erano emersi elementi a favore di un possibile riconoscimento; pensiero ancora valido …
Nel terzo capitolo  L’addetto stampa si parla del modello professionale italiano che vede nel 1963 l’istituzione, da parte del legislatore, dell’Ordine dei giornalisti, ente di diritto pubblico su base regionale con compiti accertativi-costitutivi e di giudice disciplinare; l’addetto stampa dal dopoguerra in poi , con prevalente collocazione  nella pubblica amministrazione, in particolare nelle istituzioni territoriali elettive;  nel settore “privato” , per il prevalente rapporto con il “cliente” e non con il cittadino, l’impiego di addetto stampa giornalista è meno marcato per la propensione ad avvalersi dei comunicatori , opinion maker e image maker ; L’addetto stampa deve essere un giornalista? Secondo una corrente di pensiero l’addetto stampa è una controparte, la sua attività non ha molto in comune con il giornalismo, ma assicura la qualità dell’informazione: per questo si cerca di farlo rientrare nel giornalismo tradizionale trasformando alcuni uffici stampa regionali in agenzie di informazione; analoga considerazione per i pubblicisti , che costituiscono un “prezioso patrimonio di saperi e competenze” secondo un documento approvato nel 2008 dal Cnog di Positano; circolano proposte di modifica dei due elenchi, professionisti e pubblicisti; il modello francese dell’albo unico ; ultima la costituzione dell’Angpi, Associazione nazionale giornalisti pubblicisti italiani, che ha trovato terreno favorevole all’interno di Cgil e Cisl.
Nel quarto capitolo Addetto stampa, verso una definizione della sua professionalità , dopo il quesito Ufficio stampa: testata giornalistica o fonte di informazione? si ricorda che la Cassazione ha affermato che il giornalismo tradizionale è connotato da raccolta, elaborazione, commento ed intermediazione critica delle notizie; ma qualcosa germoglia sul tema della mediazione , una mutazione per l’attribuzione di ulteriori compiti, come i fogli di notizie , la trasformazione dell’ufficio stampa in agenzia di informazione; sta prendendo consistenza l’ipotesi di addetto stampa redattore specializzato ; l’addetto stampa ha gli stessi diritti/doveri di un giornalista , anche se esistono limiti, quale quello gerarchico, tipico delle strutture pubbliche; un cenno allo spin doctor, professionista della comunicazione politica di origine anglosassone.
Nel quinto capitolo La grande speranza,La legge 150/2000  si fa un primo bilancio dopo dieci anni e viene considerata una buona legge, unica nella UE ; si parla poi di Urp , Ufficio stampa e portavoce e delle aspettative professionali non pienamente soddisfatte;  non viene definito il profilo professionale dell’addetto stampa pubblico e la sua regolamentazione; forte l’aspirazione al contratto di lavoro giornalistico Fnsi/Fieg,
Il sesto capitolo è dedicato ai Compiti degli uffici stampa , agli strumenti (la rassegna stampa, il comunicato, l’intervista, la conferenza stampa).
Il settimo capitolo Deontologia e dintorni parla di Etica e deontologia , delle “Carte”dei doveri, della separazione dei fatti dai commenti nel giornalismo anglosassone; il decalogo di Christopher Meyer.
Nel capitolo ottavo Un contributo per la storia dell’ufficio stampa l’Autore ci accompagna in un singolare viaggio nella storia richiamando di volta in volta fatti e citazioni che ricostruiscono l’iter globale dell’ufficio stampa. Fino al novecento si affida a “precedenti”, fantasia e analogia.
Una vittoria inglese in una scaramuccia contro i francesi, durante la guerra dei cento anni,  viene amplificata a grande battaglia dagli addetti stampa del Consiglio della Corona.
Giulio Cesare firma i Commentarii  de Bello Gallico dopo essersi  servito di uno scriba quale addetto stampa. Gli Acta Diurna e gli Acta Senatus istituiti da Giulio Cesare sembrano antenati dei comunicati stampa.
Nel medioevo araldi e banditori diffondono nelle borgate notizie e decisioni dei Signori; il loro utilizzo nei paesi italiani arriva all’armistizio del 1943, continuando nel meridione ancora per molti anni.
Nel 1440 Johann Gutenberg sperimenta il primo sistema di stampa con caratteri mobili che, con inchiostro adeguato, riesce a stampare le gazzette, i giornali dell’epoca. I poteri reagiscono inventando le autorizzazioni e la censura, la cui paternità è attribuita ad Alessandro VI Borgia.
Il discorso per la libertà di stampa di John Milton al Parlamento inglese è considerato la pietra miliare del diritto di essere informati e di informare.
Nella seconda metà del 500 notiziari e bollettini sulle attività delle grandi  compagnie importatrici di merci dalle Indie vengono redatti da una sorta di addetti stampa.
In precedenza sono nati i “libri della nazione”, informative sulle contee inglesi volute da Elisabetta I allo scopo di far crescere la sua popolarità fra i sudditi.
Il diritto alla libertà di stampa è presente nel primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, approvata nel 1787.
Nell’Ottocento il ministro degli esteri inglese G. Canning affida la comunicazione a funzionari ministeriali assimilabili agli addetti stampa.
Nella carriera diplomatica francese viene inserito l’attaché de press.
Honoré de Balzac scrive un libro sui giornalisti e sulla stampa parigina.
L’inglese Jesse White M. è addetto stampa e portavoce di Garibaldi durante la spedizione dei Mille, che segue anche quale corrispondente del “National” di New York.
Il primo ufficio stampa pubblico del Novecento è quello del Comune di Firenze, che informa la popolazione con comunicati diretti ai fogli cittadini.
Nel 1911 segue quello del Corpo di spedizione italiano nella campagna di Libia, la cui attività principale è quella di fornire notizie ai corrispondenti di guerra.
L’esempio viene poi seguito dal Ministero dell’Interno, dalla Marina Militare e infine dal Comando Supremo dell’Esercito, al cui vertice è il Generale Cadorna.
Sotto il fascismo, con la legge 21 marzo 1926,  compaiono all’interno dei ministeri le figure degli addetti stampa pubblici, che non sono però soggetti all’obbligo di essere giornalisti.
Dopo l’armistizio del 1943 il Regno del Sud, con capitale Brindisi, attiva il proprio ufficio stampa utilizzando quello del IX Cd’A, che viene poi trasformato in Commissariato per le informazioni, e modificato infine da Badoglio in ufficio stampa alle dipendenze del Ministero dell’Interno.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito delle sollecitazioni dei rappresentanti dei giornalisti, nel 1952 e nel 1966 indirizza proprie circolari ai vari Ministeri, affinché la direzione degli uffici stampa “fosse affidata di preferenza ai giornalisti”.
Un lungo viaggio quindi sino all’approvazione della legge 150/2000, ma ripreso subito dopo per ottenere quei risultati sperati ma ancora non conseguiti.

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