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I “costi della politica”

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Relazione del Procuratore generale della Corte dei conti per il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per il 2011

cons. Paolo Luigi Rebecchi
Nel numero di luglio-agosto di Argilnews si è richiamato l’esame del contenzioso comunitario dell’Italia nel 2011 secondo le rilevazioni effettuate dalla procura generale della Corte dei conti in occasione dell’udienza per il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato dell’esercizio finanziario 2011, tenutasi a Roma, nell’aula delle sezioni riunite della Corte dei conti il giorno 28 giugno 2012 e contenuto nella relazione scritta depositata dal procuratore generale Salvatore Nottola (in www.corteconti/procuragenerale/it).
Nel documento sono trattati vari temi riguardanti le disfunzioni amministrative tra i quali si trova anche un capitolo sui “costi della politica”(1) che risulta di evidente attualità per il numero elevato di episodi di uso improprio di risorse pubbliche che peraltro hanno reso evidente il livello estremamente elevato di quota di risorse assorbite dagli organi di governo e di rappresentanza politica.
Nella relazione (est. cons. A. Federici) , che attiene agli interventi normativi ed organizzativi realizzati nel corso dell’anno 2011 si è osservato che “…Occorre operare una distinzione preliminare tra le patologie distorsive che alterano la sana e regolare gestione della “cosa pubblica” (es. i diversi fenomeni corruttivi, le procedure di spesa per la realizzazione di opere, per l’acquisizione di forniture o servizi, contrassegnate da connotazioni dispendiose ingiustificate) e quelle che rappresentano i costi che derivano dal funzionamento in generale degli apparati rappresentativi, correlati agli apparati politici, ove i primi, generalmente, costituiscono l’espressione operativa dei secondi, asseritamente portatori degli interessi collettivi ovvero diffusi. Negli ultimi tre anni si sono susseguiti gli interventi del legislatore finalizzati al contenimento dei c.d. “costi della politica”, concentrandosi tuttavia però essenzialmente sugli enti locali, comuni e provincie. L’art. 1, comma 2, della legge 26 marzo 2010 n. 42 aveva disposto la graduale riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori comunali e provinciali, a decorrere dal 2011, nella misura del 20%. L’art. 16, comma 17, del D.L. 13 agosto 2011 n. 138, convertito in legge n. 148 del 14 settembre 2011 è nuovamente intervenuto, disponendo la ulteriore riduzione del numero dei consiglieri e assessori per i comuni fino a 10.000 abitanti. Questo il quadro di sintesi che deriva dall’esame delle norme oggi vigenti:
 
comuni per numero di abitanti - cons. comunali - ass. comunali
      (senza Sindaco) 
Popolazione fino a 1.000 abitanti 6 0
Popolazione fino a 1.001 a 3.000 abitanti 6 2
Popolazione fino a 3.001 a 5.000 abitanti 17 3
Popolazione fino a 5.001 a 10.000 abitanti 10 4
Popolazione fino a 10.001 a 30.000 abitanti 16 5
Popolazione fino a 30.001 a 100.000 abitanti 24 7
Popolazione superiore a 100.000 abitanti
o capoluoghi di provincia 32 9
Popolazione superiore a 250.000 abitanti 36 10
Popolazione superiore a 500.000 abitanti 40 11
Popolazione superiore a 1.000.000 abitanti 48 12

L’azione calmieratrice del governo è parallelamente intervenuta con l’adozione di misure di contrazione della spesa con l’emanazione del D.L. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito con la legge n. 111 del 15 luglio 2011, il cui titolo I reca l’indicazione di “Disposizioni per il controllo e la riduzione della spesa pubblica, nonché in materia di entrate”. Il capo I della legge in questione reca la titolazione di “Riduzione dei costi della politica e degli apparati”. All’art. 1 denominato “livellamento remunerativo Italia-Europa” il comma 1, stabilisce che “il trattamento economico onnicomprensivo annualmente corrisposto, in funzione della carica ricoperta o dell’incarico svolto, ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti, comunque denominati, degli organismi, enti ed istituzioni, anche collegiali (elencati nell’allegato A - Senato, Camera dei deputati, Corte costituzionale, Organi di autogoverno delle magistrature, Autorità amministrative indipendenti, Consob, Banca d’Italia, ecc.), non può superare la media ponderata rispetto al PIL degli analoghi trattamenti economici percepiti annualmente dai titoli di analoghe cariche e incarichi negli altri sei principali Stati dell’Area Euro”. Il comma 3 aveva previsto una commissione di studio, presieduta dal presidente dell’Istat, e con la partecipazione di quattro esperti di chiara fama, che, in carica per quattro anni, avrebbe dovuto provvedere alla ricognizione annuale dell’indicata media ponderale. Istituita nello stesso mese di promulgazione della legge (luglio 2011) il Presidente della Commissione incaricata ha rassegnato le proprie dimissioni il 4 aprile 2012, nell’asserita impossibilità di pervenire a risultati apprezzabili stante la scarsa collaborazione delle amministrazioni coinvolte, l’impossibilità di paragonare alcune strutture solo italiane con amministrazioni estere, la lenta e parziale risposta delle amministrazioni straniere, la difficoltà di paragonare retribuzioni calcolate su sistemi fiscali e contributivi diversi e spesso “deformate” da benefits di varia natura. I successivi articoli 2, 3, 4, 5 e 7 introducono una rinnovata restrizione circa l’utilizzazione dei c.d. voli di stato, dell’utilizzo e tipologia di acquisizione di “auto blu”, di benefits rivolti ad autorità istituzionali cessate dalla carica, di riduzione delle dotazioni di organismi politico-amministrativi e collegiali, nonché delle loro retribuzioni. In particolare l’art. 5, comma 1, dispone che per gli anni dal 2011 al 2013 siano da destinare ad uno specifico fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno deliberate dalle regioni, con riferimento ai trattamenti economici dei componenti della Giunta e del Consiglio regionali, nonché del presidente. La Corte costituzionale con la sentenza 14 giugno 2012, n. 151, con varie formule, ha respinto i ricorsi presentati da diverse regioni, che avevano considerato le misure di risparmio imposte dalla manovra estiva del 2010 in vario modo lesive della propria potestà legislativa e della propria autonomia finanziaria. Nella citata sentenza la Consulta ha proposto una interpretazione della norma tale da renderla conforme alla Costituzione, osservando che essa non obbliga le regioni a deliberare riduzioni relative ad una specifica voce di spesa, limitandosi a prevedere, invece, che laddove autonomamente le regioni operassero il ridimensionamento degli emolumenti, esse dovrebbero poi versare i risparmi al fondo previsto dalla norma. L’art. 6, infine, dal titolo “finanziamento dei partiti politici”, richiamando sul punto le precedenti norme del 2007 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) e n. 122 del 30 luglio 2010, riduce l’entità di tali finanziamenti di un ulteriore 10%.  Significativo risulta il comma 2 del citato articolo che prevede l’interruzione dei cosiddetti rimborsi elettorali nel caso di scioglimento anticipato delle Camere. Da ultimo, con l’art. 7 si stabilisce che le consultazioni elettorali si svolgano in unica giornata. L’intervento normativo sommariamente descritto ha ricevuto ulteriore impulso sul finire dell’anno 2011 con l’emanazione del c.d. “decreto salva Italia” (D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito in legge n. 214 del 22 dicembre 2011), che ha introdotto, in sintesi, le seguenti ulteriori riduzioni di spesa: - definizione del tetto massimo retributivo annuo dei manager/dirigenti pubblici; divieto di cumulabilità tra retribuzioni; -ulteriore intervento sull’ente provincia, le cui giunte sono state soppresse, permanendo unicamente il presidente ed il consiglio provinciale con particolari modalità di elezione; -riduzione e censimento delle c.d. auto “blu” e “grigie” (le prime riservate ai vertici delle amministrazioni, le seconde quelle di servizio); riduzione dei voli di Stato; -contenimento della spesa per il personale di diretta collaborazione delle autorità politiche; - soppressione e accorpamento di enti ed organismi;- riduzione del numero dei componenti delle autorità indipendenti. In particolare, con riferimento alle provincie, la manovra stabilisce che le loro funzioni siano trasferite ai comuni ricadenti nel territorio, ovvero siano assunte dalle regioni, “entro il 31 dicembre 2012”. Per quella data dovranno essere anche fissate le regole procedurali con le quali gli organi politici elettivi provinciali saranno cancellati, sostituiti da strutture composte da un numero variabile di persone, per un massimo di dieci, emanazione diretta delle amministrazioni comunali. Il decreto ricordato prevedeva, sul punto, passaggi procedurali automatici. Interventi successivi hanno invece subordinato la definizione di tali assetti all’adozione di una legge, che, ad oggi, non risulta adottata. Gli interventi riduttivi hanno avuto avvio, come si rileva dalle date di adozione, con il precipitare della gravissima crisi economico finanziaria, il cui esordio è da ravvisarsi a partire dal 2008, con un crescendo esponenziale verosimilmente non tenuto nella necessaria considerazione. Ritornando all’iniziale distinzione, anche le strutture di rappresentanza politica sono state oggetto di animata, quanto vivace, discussione, peraltro sollecitata dal disvelamento di gravissimi comportamenti di vero e proprio malaffare messi in atto da fiduciari di talune rappresentanze, destinatarie di ingenti provvidenze finanziarie pubbliche. L’emersione di siffatti comportamenti ha costretto i protagonisti ad un impegno propositivo teso ad una riduzione delle contribuzioni previste, ritenute dalla pressoché totale opinione pubblica non giustificabili, anche, e soprattutto, in un momento di massima richiesta di sacrifici rivolti ai consociati. L’animato dibattito, in realtà, ad oggi, ha prodotto un risultato scarsamente apprezzabile, costituito dall’approvazione, da parte della Camera dei deputati, di un provvedimento normativo che prevede il taglio dei rimborsi spettanti ai tesorieri dei partiti presenti nel Parlamento, del 50%, ma limitato al solo 2012. Peraltro la normativa in itinere contiene una previsione di controllo di tale pubblica contribuzione affidata ad una Commissione composta da cinque magistrati che, pur con una prevalenza di rappresentanti della magistratura contabile, non sembra allineata con le naturali competenze della Corte dei conti, quale organo ausiliario del Parlamento e di suprema magistratura in materia di contabilità pubblica. In tal senso si è diffusamente espresso il Presidente della Corte dei conti nell’immediatezza dell’adozione di tale provvedimento . L’ingiustificata ridondanza numerica degli apparati rappresentativi è da tempo oggetto di riflessione da parte degli stessi consessi deliberativi, che nell’attuale legislatura, sulla questione, hanno presentato i seguenti numerosi progetti/disegni di legge: -Atto Camera n. 2470 presentato il 26 maggio 2009 dall’On. Antonio Di Pietro (IdV) – modifiche agli articoli 56, 57, 114, 117, 118, 119, 120, 121, 132 e 133 della Costituzione. Diminuzione del numero dei parlamentari e dei componenti dei consigli e delle giunte regionali nonché soppressione delle province, per la riduzione dei costi della politica.; -Atto Senato n. 1587 presentato il 26 maggio 2009 dal Sen. Felice Belisario (IdV) – modifiche agli articoli 56, 57, 114, 117, 118, 119, 120, 121, 132 e 133 della Costituzione. Diminuzione del numero dei parlamentari e dei componenti dei consigli e delle giunte regionali nonché soppressione delle province, per la riduzione dei costi della politica; Atto Camera n. 2473 presentato il 26 maggio 2009 dall’On. Pier Ferdinando Casini (UdC) – modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione, per la riduzione dei parlamentari; Atto Camera n. 2474 presentato il 26 maggio 2009 dall’On. Pier Ferdinando Casini (UdC) – modifica all’articolo 121 della Costituzione, per la riduzione del numero dei consiglieri regionali; -Atto Senato n. 1446 presentato il 12 marzo 2009 dal Sen. Albertina Soliani (Pd) – Riforma della disciplina dei trattamenti economici riconosciuti ai membri del Parlamento; Atto Camera n. 1063 presentato il 15 maggio 2008 dall’On. Rita Bernardini (Pd) – Norme per il contenimento dei costi della politica, delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni; Atto Senato n. 531 presentato il 14 maggio 2008 dal Sen. Marco Perduca (Pd) – Norme per il contenimento dei costi della politica, delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni; Atto Camera n. 968 presentato il 13 maggio 2008 dall’On. Antonio Borghesi (IdV) – Modifiche agli articoli 56, 57, 92, 117 e 121 e abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione. Diminuzione del numero dei parlamentari, dei membri del Governo e dei componenti dei consigli e delle giunte regionali, nonché soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, per la riduzione dei costi della politica; -Atto Camera n. 653 presentato il 30 aprile 2008 dall’On. Olga D’Antona (pd) – Norme per la soppressione di enti inutili e per la riduzione degli sprechi e dei costi impropri della politica, delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni; -Disegno di legge costituzionale n. 2941 presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro per le riforme per il federalismo – comunicato alla Presidenza il 4 ottobre 2011 – Disposizioni concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l’istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma di Governo; Disegno di legge costituzionale n. 2962 d’iniziativa del senatore Bianco - comunicato alla Presidenza il 14 ottobre 2011 – Modifica allo Statuto della Regione siciliana approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, in materia di riduzione dei membri dell’Assemblea regionale;  Disegno di legge costituzionale n. 3204 d’iniziativa dei senatori Calderoli, Bricolo ed altri - comunicato alla Presidenza il 15 marzo 2012 – disposizioni concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l’istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma di Governo. Allo stato non è dato conoscere significativi progressi dell’iter procedimentale avviato, costituito, sostanzialmente, della mera presentazione delle proposte. Ipotesi procedurali, tuttavia, sono anche ravvisabili nei meri tentativi di adozione di norme regolatrici che restituiscano, ovvero introducano, livelli minimali di garanzia, oltre che di trasparenza, con riguardo alle provvigioni finanziarie destinate ex lege agli organismi politici, oggetto di indicibili forme di malversazione come in precedenza ricordato. L’inerzia ravvisabile sul punto, peraltro oscurata da sterili confronti e proposte, non induce ad un recupero di affidamento del corpo elettorale nei confronti delle rappresentanze menzionate, dalle quali era auspicabile un intervento che fosse orientato in una duplice direzione. Da un lato, assecondare una ineludibile esigenza di percorrere un rigore finanziario, riducendo drasticamente la percezione di risorse finanziarie pubbliche, all’esito dei gravi episodi di malversazione seguiti alle indicazioni in equivoche di un referendum che aveva concretamente espresso l’orientamento del paese sulla questione. Dall’altro, adottare i provvedimenti normativi tesi ad una semplificazione, anche numerica, degli organi politici eletti, con ricadute di efficienza e di economicità...“. 
Come evidenziato nella relazione gli interventi normativi finora attuati si sono concentrati sull’apparato statale, sugli enti istituzionali e sui comuni e le province ma non hanno inciso significativamente sulle Regioni ,  sia a regime ordinario che speciale i cui organi rappresentativi , in conseguenza della autonomia sancita in costituzione, risultano sostanzialmente sottratti ai limiti e vincoli pur stabiliti dalle leggi nazionali per gli altri enti pubblici.
Proprio con riguardo a tali enti si sono di recente verificate le vicende più clamorose che hanno sollevato un dibattito significativo sulla necessità di interventi, anche con norme costituzionali, diretti a imporre effettivi limiti e controlli sulle loro spese (cfr. www.lavoceinfo.it , 25 settembre 2012 A.GAMERO, “ Un tetto alle spese della politica regionale”).


Note

(1) C.SALVI-M.VILLONE, Il costo della democrazia, Milano-Mondadori, 2005- pag. 157 “…L’obiettivo di modernizzazione si è risolto in una sostanziale deresponsabilizzazione del potere politico e in un considerevole aumento degli spazi di discrezionalità politico amministrativa: ne abbiamo parlato a proposito dell’abuso d’ufficio, dello spoyl sistem, dell’ abolizione dei controlli amministrativi, della sanità, del rapporto tra politica e amministrazione e tra politica e società civile. Alla fine rimane una domanda: chi risponde di cosa, dove e come?” e pag. 183 “…e per la responsabilità contabile e quella penale? Va certamente evitato che le amministrazioni  pubbliche sia surrettiziamente  gestite dalla corte dei conti o dalla procura della Repubblica. Ma è opportuno riconsiderare le scelte fatte in passato,che oggi producono l’effetto di vanificare ogni responsabilità per la torsione clientelare che attanaglia il sistema. Non si tratta di intimidire nessuno con un tintillar di manette. Deve o no essere penalmente rilevante che l’assessore o il politico di riferimento abbia una “”riserva”” di posti in una società mista per i propri amici e sodali, o che “”amichevolmente””suggerisca il nome del vincitore del concorso da primario? Noi pensiamo di sì. Una cosa è non gravare l’amministratore in buona fede con un cumulo di sanzioni che lo rendano timoroso di ogni decisione di cui si assume la responsabilità. Altra cosa è non scoraggiare quei comportamenti e quelle scelte che sono espressione di prassi politico-amministrative inaccettabili, e che portano, in ultima analisi, allo spreco di risorse pubbliche. E dunque si consiglia una nuova riflessione, attenta all’esperienza di questi anni, in particolare su istituti quali l’abuso di ufficio e l’interesse privato. Per quanto riguarda poi la responsabilità per danni davanti alla corte dei conti, va vietata l’assicurazione dell’amministratore a carico dell’ente amministrato…che ne vanifica l’efficacia dissuasiva…”)

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