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Il museo che vorrei

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Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali presenta i risultati di una consultazione pubblica che traccia il ritratto del museo “ideale”
 
di Simona Corsetti
Giovedì 31 gennaio 2013, la Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) ha presentato i risultati della consultazione pubblica “Il museo che vorrei”, riguardante le politiche di accesso ai luoghi della cultura statali. L’iniziativa nasce dalla necessità di conoscere in maniera più approfondita il modo in cui gli italiani vivono l’esperienza culturale e le loro principali esigenze riguardo ai servizi offerti dai principali musei statali.
Dall’analisi delle risposte fornite dai 7.043 utenti che hanno compilato il questionario caricato il 21 novembre 2012 sul sito web della DG per la Valorizzazione, emerge un quadro che conferma alcuni degli aspetti già evidenziati in passato. Innanzi tutto, l’interesse per la cultura si conferma una prerogativa tutta femminile: ben il 60,08% di coloro che hanno effettuato il questionario sono infatti donne, dato che permette di introdurre il tema delle politiche di genere nell’ambito delle questioni riguardanti l’accesso alla cultura. Nel complesso, la maggioranza dei partecipanti alla consultazione è laureata (circa il 70%) e ha un’età compresa tra i 18 e i 45 anni (più del 70%). Siamo in presenza di un pubblico per la massima parte fidelizzato, che frequenta abitualmente i luoghi della cultura: il 75,96% degli intervistati ritiene giusto pagare un biglietto di ingresso, dimostrando quindi la volontà di tutelare e finanziare il ricco patrimonio culturale del nostro Paese. 
Per quanto riguarda i servizi offerti al pubblico, colpisce la scarsa importanza attribuita alla presenza di caffetteria e bookshop (rispettivamente 3,02% e 5,89%) mentre grande rilevanza assumono il percorso espositivo e la presenza di materiale informativo come pannelli esplicativi, supporti didattici e didascalie, che spesso risultano invece carenti. Sono segnali che certamente invocano la necessità di investire sulla qualità dell’offerta museale, ma anche e soprattutto sulla comunicazione al pubblico e sull’adeguamento alle sue esigenze di fruitore: tra i requisiti ritenuti più importanti per essere indotti a visitare un sito di interesse culturale, spicca quello degli orari di apertura. Più del 78% degli intervistati reclamano infatti la necessità di prevedere l’accesso serale ai musei, in adeguamento ai bisogni di chi per esempio lavora e non può liberarsi solo nel tardo pomeriggio. In merito alle politiche di incentivazione tariffaria, che solitamente hanno riguardato finora occasioni particolari (San Valentino, Festa della Donna, ecc.), maggiore preferenza viene accordata alla possibilità di prevedere iniziative programmatiche (per esempio l’ingresso gratuito per tutti la prima domenica del mese).
Tuttavia, ogni tipo di proposta deve necessariamente confrontarsi con la situazione di crisi economica e i numerosi tagli effettuati alla cultura, che deve fare i conti con la sempre minore disponibilità di risorse. In un Paese come l’Italia, che vanta un ricco patrimonio culturale diffuso in maniera capillare sul territorio, è fondamentale utilizzare ogni mezzo per coinvolgere fasce sempre più ampie di popolazione, soprattutto quelle meno abbienti e le giovani generazioni. Solo in questo modo, accrescendo la consapevolezza della ricchezza del nostro patrimonio storico-artistico, saremo in grado di garantirne la valorizzazione e la tutela per le generazioni future, riconoscendo la cultura come indispensabile fattore di crescita e sviluppo di una nazione. «Bisogna uscire dall'idea che la cultura sia un peso ma considerarla una risorsa –  dice Anna Maria Buzzi, Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale –. Promuoverla può portare a nuovi posti di lavoro, specie se entreremo nell'ottica di coinvolgere nella sua gestione i privati e il non profit». 
 
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